tag:blogger.com,1999:blog-61542507236726722412024-03-14T08:17:26.995+01:00Allùngati la vitaCome restare giovani... dieta, trucchi, ricerca e stili di vita.
- Un blook (libro in forma di blog) di Mario Pappagallo.Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.comBlogger47125tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-2375614814036930262017-11-16T20:16:00.001+01:002017-11-16T20:16:05.913+01:00Diabete, donne più vulnerabili e a rischio maggiore di complicanze<strong><em>Il diabete nelle donne risulta più aggressivo e resistente alle cure, come confermano recenti ricerche promosse dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD). Attenzione anche al diabete gestazionale, di cui soffre il 7-10% delle future mamme: se non riconosciuto e trattato, può associarsi a un’elevata morbilità della madre, del feto e del neonato.</em></strong><br />
Sono 3,2 milioni gli italiani – oltre <strong>1 milione e mezzo</strong> <strong>le donne</strong> – colpiti dal diabete mellito di tipo 2, malattia che da sola assorbe il 10% dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale, in gran parte dovuti alle complicanze legate alla malattia. Complicanze che, come conferma anche una <strong>recente analisi del Gruppo Donna di AMD</strong>, sarebbero più frequenti e più serie nel sesso femminile. E proprio il tema <strong>donne e diabete</strong> è stato al centro della <strong>Giornata Mondiale del diabete 2017</strong> celebrata il 14 novembre. Facendo emergere il problema diabete in rosa. <br />
<em>“Nella popolazione femminile</em> – spiega <strong>Domenico Mannino</strong>, presidente AMD - <em>il diabete di tipo 2 è tra le principali cause di mortalità. In tutto il mondo, si contano 199 milioni di donne colpite dalla malattia; le pazienti hanno un rischio 10 volte più elevato di sviluppare patologie cardiovascolari rispetto agli uomini. Questa maggiore predisposizione alle complicanze da diabete è stata confermata anche dagli studi realizzati da AMD che, da decenni, con i suoi </em><strong><em>Annali</em></strong><em>, registra i dati di un ampio numero di pazienti osservati in condizioni ‘real life’, ossia nella vita quotidiana”.</em><br />
In particolare, una ricerca condotta dal Gruppo Donna di AMD su oltre 450.000 assistiti, con diabete di tipo 1 e 2, in cura presso un terzo dei servizi diabetologici del Paese, ha evidenziato notevoli differenze di genere in termini di risposta alle terapie. In tutte le fasce d’età, le donne hanno maggiori difficoltà nel mantenere il controllo glicemico e il profilo lipidico è decisamente peggiore rispetto a quello degli uomini. Anche le complicanze cardiovascolari sarebbero più frequenti: l’infarto colpisce infatti le pazienti con glicemia elevata più spesso e in maniera più seria, con un tasso di mortalità più alto. A spiegare questa particolare “aggressività” del diabete in rosa vi sono probabilmente le differenze biologiche legate al diverso assetto ormonale nelle varie fasi di vita della donna ma anche una diversa risposta ai farmaci.<br />
<em>“E’ dunque fondamentale</em> – continua Mannino – <em>diffondere una maggiore sensibilizzazione sul tema donna e diabete, allo scopo di promuovere una medicina sempre più attenta alle differenze di genere e, al tempo stesso, stimolare la popolazione femminile ad avere più cura di sé, adottando sani stili di vita e sottoponendosi regolarmente ai dovuti controlli, soprattutto nel corso della gravidanza”.</em><br />
Il <strong>diabete gestazionale</strong> rappresenta, infatti, un problema comune nelle donne in attesa. Secondo un recente studio interesserebbe circa <strong>il 7-10% delle future mamme</strong>, soprattutto se obese o in sovrappeso: diagnosticarlo precocemente e monitorarlo è essenziale, perché la sua presenza aumenta il rischio di parti prematuri, cesarei o malformazioni fetali. In più, il 35% delle donne che lo hanno contratto in gravidanza è a rischio di sviluppare un diabete di tipo 2 nei 5-10 anni successivi al parto. <br />
<em>“Il diabete gestazionale è la complicanza più frequente che si riscontra nelle donne in attesa - </em>commenta <strong>Patrizia Li Volsi</strong>, coordinatrice del Gruppo Donna di AMD -. <em>Alla luce dell’aumento dell’incidenza e prevalenza di diabete e obesità a livello mondiale ed italiano è necessario incrementare la consapevolezza del legame tra iperglicemia in gravidanza e rischio per la salute futura sia della madre sia del neonato. Le donne devono essere opportunamente informate sull’importanza di seguire una corretta alimentazione e svolgere regolare attività fisica, non solo per contrastare lo sviluppo futuro di diabete di tipo 2 ma per prevenire problemi al nascituro. Alla diagnosi di diabete gestazionale, inoltre, dev’essere garantita alla futura mamma la presa in carico congiunta di un team multi-professionale, che le garantisca l’inserimento in un Percorso Assistenziale Integrato. Investire sulla salute della donna permette di migliorare la salute delle generazioni successive e ridurre l’incidenza di diabete nel mondo”. </em><br />
Con l’obiettivo di favorire un attento monitoraggio e una migliore gestione anche del diabete che insorge nelle mamme in attesa, AMD farà partire a breve un <strong>ampio</strong> <strong>studio multicentrico randomizzato</strong>, avvalendosi degli strumenti che oggi offrono le tecnologie digitali. <em>“Coinvolgeremo</em><strong><em> 1.000 pazienti, uomini e donne, con diabete di tipo 2 </em></strong><em>o con </em><strong><em>diabete gestazionale - </em></strong>conclude Mannino -. <em>Lo scopo che ci prefiggiamo con questo studio, uno dei più ampi al mondo sulla telemedicina, è quello di valutare in concreto i benefici offerti dall’impiego di un sistema di </em><strong><em>telecare</em></strong><em> per il controllo del rischio metabolico e cardiovascolare”.</em><br />
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<em><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidjA-jKuEWhcWO-KejxOpQ7QMp3KWHPIkS-bKAMEHCJn_AXZzWvejYSGiNkdUvs56z4s71F2I6tKxG66fg6hXq28dLCc66pn4B9DS4yob1B1o9VRdxlR1NwqdiHZutCDbsDMIkzwIgOj0/s1600/thFRUY1V3A.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="201" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidjA-jKuEWhcWO-KejxOpQ7QMp3KWHPIkS-bKAMEHCJn_AXZzWvejYSGiNkdUvs56z4s71F2I6tKxG66fg6hXq28dLCc66pn4B9DS4yob1B1o9VRdxlR1NwqdiHZutCDbsDMIkzwIgOj0/s1600/thFRUY1V3A.jpg" /></a></em></div>
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<em><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmvFpnI6keKHnwsNk50J61geQlAxxlSrQqQM-QyUTCPQF1AQsuA5inhbjif7rTs_tETUDngu7d34jApBZgV8lR6sOcDxIhGLdFz26AkERGXTYr_1JNEteuTNvLR8aiWF6UO-ndes92s-Q/s1600/telemedicina.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="341" data-original-width="450" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmvFpnI6keKHnwsNk50J61geQlAxxlSrQqQM-QyUTCPQF1AQsuA5inhbjif7rTs_tETUDngu7d34jApBZgV8lR6sOcDxIhGLdFz26AkERGXTYr_1JNEteuTNvLR8aiWF6UO-ndes92s-Q/s320/telemedicina.gif" width="320" /></a></em></div>
<b></b><i></i><u></u><sub></sub><sup></sup><strike></strike><br />mariopapshttp://www.blogger.com/profile/17119497190958701912noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-77645985402631777032017-11-16T14:05:00.002+01:002017-11-16T14:05:48.174+01:00Antibiotico-resistenze, Italia maglia nera I superbatteri “evadono” dagli ospedaliIl suo nome è KPC: <em>Klebsiella Pneumoniae Carbapenemasi-produttrice</em>. È un super batterio ed è considerato un vero e proprio killer in quanto, in oltre il 50% dei casi, è ormai resistente a tutti gli antibiotici, inclusi i carbapenemi, l’ultimo baluardo, e rende di fatto disarmati gli infettivologi.<br />
KPC guida il plotone dei batteri resistenti che stanno dilagando nel nostro Paese: <em>Pseudomonas aeruginosa</em>, MRSA (<em>Staphylococcus aureus</em> resistente alla meticillina) ed Enterococco resistente. L’Italia è maglia nera per incidenza delle infezioni resistenti, con una diffusione superiore alle medie europee per alcuni dei principali superbatteri, che dagli ospedali si stanno diffondendo anche alle residenze per anziani e alle case di riposo. Il rischio è quello di entrare in un’era post-antibiotica dove anche infezioni banali mettono a rischio la vita. L’emergenza non è solo italiana ma globale: l’antibiotico-resistenza, insieme ai cambiamenti climatici e alla salute di genere, è stata una delle tre priorità al centro del G7 dei Ministri della Salute che si è svolto a Milano.<br />
L’Italia si è presentata con il Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR), lanciato dal Governo agli inizi di settembre e ispirato all’approccio “One Health”, con il coinvolgimento di tutti i settori interessati (medicina umana, veterinaria, ricerca, zootecnia etc.). La prima risposta, attesa da anni, all’emergenza. Ma non basta. Gli infettivologi italiani, il 18 novembre 2017 durante <strong>l’International Meeting on Antimicrobial Chemotherapy in Clinical Practice</strong>, lanciano l’allarme: se non si intensificano gli sforzi, se non si destinano risorse adeguate, se si pongono troppi vincoli all’uso di nuovi antibiotici, se medici e pazienti non si impegnano a usare gli antibiotici in modo appropriato, i programmi potrebbero non bastare a fermare l’avanzata dei superbatteri.<br />
«<em>Il nostro Paese ha reagito tardivamente al problema delle antibiotico-resistenze ed è stato richiamato ufficialmente dal Centro Europeo per il Controllo delle malattie. Il programma PNCAR, appena varato, è un importante passo in avanti, con obiettivi molto precisi e ambiziosi, senza però che siano specificate le modalità economiche per ottenerli</em>»<em>, </em>afferma <strong>Claudio Viscoli</strong>, presidente della Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA) e direttore della Clinica di malattie infettive, università degli Studi di Genova-San Martino.<br />
Negli ospedali dell’Ue, fino al 50% degli antibiotici vengono usati in modo eccessivo o inappropriato. In Europa, il consumo di antibiotici specifici per il trattamento delle infezioni multiresistenti è raddoppiato nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014. L’Italia è uno dei Paesi dove si registra il maggior consumo di antibiotici (27,8 dosi ogni 1.000 abitanti al giorno). Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), agli attuali tassi di incremento delle antibiotico-resistenze da qui al 2050, i “superbug” saranno responsabili di almeno <strong>10 milioni di decessi annui diventando la prima causa di morte per il mondo.</strong> Già oggi In Europa, si verificano annualmente <strong>4 milioni</strong> di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano <strong>25.000</strong> decessi. Globalmente, sono circa <strong>700.000</strong> i decessi dovuti alle infezioni resistenti. In Italia le infezioni correlate all’assistenza o intra-ospedaliere colpiscono ogni anno cica 284.000 pazienti (dal 7% al 10% dei pazienti ricoverati) causando circa 4.500-7.000 morti.<br />
Due in particolare le situazioni di rischio: la prima è rappresentata dalle Unità di Terapia intensiva, contesto sanitario ad alta concentrazione di uso di antibiotici e nel quale i pazienti sono più suscettibili di infezioni resistenti. L’altro scenario di crisi è rappresentato dalle strutture per lungodegenti o case di riposo, dove si crea l’habitat perfetto per la resistenza microbica a causa dell’affollamento, dell’uso massiccio di antibiotici e della scarsa <em>infection control</em>. Alcuni dati mostrano che nelle RSA i pazienti siano portatori di germi resistenti in oltre il 50% dei casi.<br />
Ma anche al di fuori delle strutture sanitarie, ospedaliere ed extra-ospedaliere, la situazione inizia a farsi preoccupante. In Italia vi è una prevalenza tra il 10-15% di Enterobatteri tipo ESBL che causano infezioni urinarie. Una donna su dieci con una cistite, una delle infezioni più frequenti in assoluto, la potrebbe potenzialmente acquisire da un germe resistente sul quale i comuni antibiotici non funzionano più.<br />
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Per rispondere alla massiccia offensiva dei superbatteri, e in particolare del superbatterio killer KPC, SITA ha messo a punto le prime <strong>Linee Guida</strong> – pubblicate come <em>expert opinion</em> su <strong><em>Clinical Microbiology and Infection</em></strong> – che forniscono alcuni suggerimenti su come gestire al meglio le infezioni dal punto di vista della prevenzione e della terapia. Oltre all’importanza di controllare i fattori di rischio – attraverso isolamento dei pazienti infetti, igienizzazione di mani, attrezzature e ambienti sanitari – le Linee Guida sottolineano la necessità di trattare queste infezioni con cocktail di antibiotici diversi, nell’auspicio che almeno uno funzioni e in modo che comunque si potenzino uno con l’altro.<br />
Ai medici e al personale sanitario si raccomanda, in accordo con le indicazioni dell’OMS, di <strong>seguire sempre i protocolli </strong>per la prevenzione delle infezioni, a partire dal lavaggio delle mani, <strong>avvalersi delle risorse diagnostiche </strong>per prendere decisioni informate di trattamento (quando possibile), e soprattutto prescrivere gli antibiotici <strong>solo quando necessari</strong>, in accordo con le attuali linee guida.<br />
Ai pazienti, invece, si raccomanda di assumere antibiotici sempre dietro prescrizione del medico, non assumerli per curare raffreddore e influenza, rispettare le dosi prescritte, non interrompere la terapia.<br />
Sul fronte delle terapie, qualche buona notizia non manca: dopo anni di stasi le aziende farmaceutiche sono tornate ad investire in questa area. Nuove molecole si sono già rese disponibili, altre lo saranno prossimamente. Sono già stati autorizzati due nuovi farmaci attivi, rispettivamente, contro i microorganismi Gram-positivi e Gram-negativi. <strong>Tedizolid</strong>, un nuovo oxazolidinone indicato per il trattamento delle infezioni batteriche acute della cute e dei tessuti molli sostenute da patogeni Gram-positivi, compresi quelli resistenti ad altri antibiotici; e <strong>ceftolozane/tazobactam</strong>, una nuova cefalosporina associata ad un inibitore delle beta-lattamasi, con una importante attività nei confronti di <em>Pseudomonas</em> e anche di Enterobatteri produttori di ESBL, indicato per il trattamento delle infezioni complicate intra-addominali e delle vie urinarie sostenute da patogeni Gram-negativi multiresistenti. Non ancora disponibile un terzo farmaco,<strong> ceftazidime/avibactam,</strong> una cefalosporina di terza generazione (<strong>ceftazidime</strong>), anch’essa associata a un nuovo inibitore delle beta-lattamasi, <strong>avibactam</strong>, indicato per il trattamento delle<strong> infezioni complicate intra-addominali</strong> e le<strong> infezioni urinarie complicate sostenute dei batteri Gram-negativi difficili. </strong><br />
«<em>Purtroppo, anche se abbiamo nuovi antibiotici molto validi, ci confrontiamo con i problemi regolatori: queste molecole di cui abbiamo un gran bisogno per alcuni tipi di infezioni, ad esempio nelle polmoniti o nelle infezioni del sangue, </em><em>spesso nel nostro Paese vengono approvate con indicazioni restrittive comunque </em><em>diverse da quelle che sarebbero necessarie –</em> afferma <strong>Matteo Bassetti</strong>, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine e Università di Udine e vice-presidente SITA -. <em>Se ho un paziente per il quale sospetto un’infezione da Pseudomonas resistente a tutti gli antibiotici, l’ultimo antibiotico più potente che ho (ceftolozane/tazobactam) non lo posso usare perché non è registrato per la Pseudomonas ma è registrato per le infezioni urinarie</em><em>».</em><br />
Mantenere costantemente alta l’attenzione sul problema è l’impegno della SITA che, attraverso il sito <strong><a href="http://www.antibioticilanostradifesa.it/" rel="nofollow">http://www.antibioticilanostradifesa.it</a></strong>, prosegue la sua campagna web e social per informare i cittadini: sul sito, oltre allo spot “Il Supervampiro”, interpretato da Ricky Tognazzi, che ha ottenuto fino a oggi oltre 900.000 visualizzazioni ed è stato approvato come campagna sociale dal Segretariato sociale della Rai, sono disponibili brevi video pillole informative nelle quali gli esperti infettivologi della SITA rispondono ai principali quesiti sulla terapia antibiotica di interesse per i cittadini.<b></b><i></i><u></u><sub></sub><sup></sup><strike></strike>mariopapshttp://www.blogger.com/profile/17119497190958701912noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-63732708871247824782017-11-16T13:08:00.001+01:002017-11-19T16:58:05.488+01:00Aumentare l'intelligenza si può... 250 mila nuovi neuroni al giornoIntelligenza. Qualcuno mi ha chiesto come aumentarla o comunque stimolare la formazione e la maturazione di nuovi neuroni. Ho letto i lavori scientifici e ho cercato di trasformarli in consigli utili (in parte sono scritti nel libro scritto con il professor Umberto Veronesi, "I segreti di lunga vita" laddove si spiega come mantenere giovane il cervello)...<br />
MUOVITI E IMPARA. Lo studio spiega anche che lo sviluppo dell’intelligenza è accompagnato da cambi strutturali nel cervello: un aumento sia in volume che in densità della cosiddetta materia grigia in una regione della corteccia motoria sinistra che viene attivata dalla lettura e dalla parola. Ancora più interessante è che le abilità motorie e le capacità intellettive non siano due cose distinte, talvolta considerate perfino incompatibili. Al contrario: tre attività molto diverse, come ascoltare musica classica, lavorare all’uncinetto o fare il giocoliere con le palline, hanno effetti simili nel migliorare le capacità dell’intelletto.<br />
PIÙ NEURONI. Anche l’esercizio aerobico fa bene al cervello. Camminare per 30 minuti al giorno 5 giorni alla settimana stimola ad esempio la produzione di Bdnf (fattore neutrofico derivato dal cervello), una molecola che favorisce la produzione di nuovi neuroni e sinapsi e migliora le capacità di apprendimento.<br />
All’università dell’Illinois (Usa) hanno scoperto che l’attività fisica accresce la materia grigia nella regione dell’ippocampo che elabora le nuove conoscenze e ne favorisce l’archiviazione nella corteccia frontale. E rifornire il vostro cervello di nuove informazioni migliora le sue capacità di apprendere. Se poi la fatica di una camminata vi stanca, meglio ancora: un sonnellino a metà giornata non solo ridà alla vostra mente lo smalto migliore ma riesce a farvi toccare livelli ancora più alti.<br />
In uno studio alla University of California a Berkeley, condotto da Matthew Walker, si è scoperto che, facendo studiare un gruppo di studenti per qualche ora e poi lasciando fare, a una parte di loro, un pisolino, quelli che dormono imparano più di quelli che continuano a studiare.<br />
Forse per questa ragione società come Google e Nike mettono a disposizione dei dipendenti stanze per riposare.<br />
BOLLICINE CEREBRALI. Lo studio dell’attività cerebrale durante i pisolini ha poi rivelato che questi favoriscono un’intensa attività mentale sotto forma di quelle che Walker definisce “bollicine di champagne cerebrali” e che, secondo la sua interpretazione, segnalano quando l’ippocampo sta trasferendo informazioni alla corteccia, dove vengono archiviate in modo permanente. Più informazioni riusciamo ad archiviare lì, maggiore sarà la quantità di bit (preso come unità di misura dell’informazione) cui potremo accedere quando ne avremo bisogno. Non basta: il cervello funziona bene quando lo lasciate vagare liberamente, come hanno provato studi effettuati alla Tohoku University (Giappone). In particolare è questo stato di assoluto disimpegno a sviluppare la creatività che consiste nel vedere connessioni che rimangono invisibili ad altri.<br />
SONETTI STIMOLANTI. Un’altra importante scoperta, fatta all’università del Michigan, riguarda il ruolo della memoria a breve termine, più importante di quanto si pensasse: migliora la fluidità cerebrale, la capacità di ragionare e risolvere problemi indipendentemente dalle conoscenze acquisite. «C’è ancora qualche dubbio sul fatto che l’esercizio mentale possa migliorare le nostre capacità di apprendere», ha detto al settimanale Usa Newsweek il premio Nobel per la medicina Eric Kandel, della Columbia University. Ma se si lavora sulla memoria cercando di ricordare i sonetti di Shakespeare, è probabile che anche la capacità di apprendere ne sia migliorata.<br />
Esercitarsi a ricordare a memoria i numeri di telefono<br />
Le tecniche di diagnostica per immagini provano quanto le capacità mnemoniche possano potenziare e arricchire l’intelligenza. Parecchie aree del cervello (corteccia prefrontale laterale, corteccia parietale inferiore, cingolato anteriore, gangli basali) diventano più attive. E queste aree sono le stesse che entrano in attività quando la mente ragiona.<br />
Un’altra componente che ha effetti certi sull’intelligenza è l’attenzione. Gli effetti dell’attenzione possono spiegare perché stimolanti come quelli usati nei deficit di attenzione gravi alzino il livello di dopamina, ormone che produce sentimenti di autostima, che rende più facile prestare attenzione al compito da affrontare. Altra strada per ottenere questi risultati è, per gli studiosi dell’University College London, la passione. Se non avete interesse in ciò che leggete o ascoltate, non lo ricorderete, né lo potrete utilizzare per creare nuove connessioni mentali.<br />
DIETA INTELLETTUALE. Altre attività che funzionano benissimo? Studiare una nuova lingua, ad esempio, non solo migliora il QI, ma rimanda di 5 anni in media il rischio di demenza senile nelle persone esposte. Anche il cibo fa la sua parte: la dieta mediterranea (ricca di frutta, verdura, pesce, olio di oliva) migliora le capacità di apprendimento. Insomma: avete un’ampia scelta di soluzioni per nutrire e arricchire la vostra mente. Ricordando sempre che "la fame aguzza l'ingegno".<i></i><u></u><sub></sub><sup></sup><strike></strike><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFNeGPh_ZMYB3YLDFShfX5zE3CyMIPbrBV-_EiSq7HwfOKUAGODUrC-lcoODSbVi5S5egfRBJxSnfKXPaQN4QTLJumnaPXcTgWWRFgsne9e4RoqExvj-mc5NzGnH-QzzUgIo5eQXnaVxI/s1600/intelligenza.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="280" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFNeGPh_ZMYB3YLDFShfX5zE3CyMIPbrBV-_EiSq7HwfOKUAGODUrC-lcoODSbVi5S5egfRBJxSnfKXPaQN4QTLJumnaPXcTgWWRFgsne9e4RoqExvj-mc5NzGnH-QzzUgIo5eQXnaVxI/s1600/intelligenza.jpg" /></a></div>
<b></b>mariopapshttp://www.blogger.com/profile/17119497190958701912noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-68627213159681935092016-03-15T10:00:00.000+01:002016-03-15T10:05:51.382+01:00INTERMEZZI DI RICERCA - CAFFÈ. MA CHI HA DETTO CHE FA MALE?<span style="font-size: large;">Dal 1990 oltre 9.400 studi hanno messo il caffè sotto la lente di ingrandimento. Consumato ogni giorno, ma spesso accusato, per lo più senza sufficiente fondamento scientifico.
Durante il Convegno sul Ruolo del caffè e della salute organizzato dalla <i><a href="http://www.ecf-coffee.org/members/103-association-members/italy/47-ica" target="_blank">Italian Coffee Association</a></i> presso la <a href="http://www.unionemilano.it/it/index.html#" target="_blank">ConfCommercio di Milano </a>è emerso che la bevanda più amata dagli italiani, se bevuta in dosi moderate, non crea effetti negativi e anzi talvolta può prevenire l’insorgenza di alcune patologie e si associa persino ad un aumento dell’attesa di vita.
300 mg al giorno in una persona sana non producono effetti negativi
“Ormai sono stati eliminati quei fattori confondenti di tipo ambientale e di stile di vita (come ad esempio il fumo) che hanno determinato la correlazione negativa tra caffè e salute e, dopo decenni di ricerche, il caffè è stato eletto ad alimento importante all'interno di una sana ed equilibrata alimentazione. Inoltre, è stato dimostrato che se bevuto nelle dosi consigliate di circa 300 mg (ovvero 4-5 tazzine di espresso, 3-4 di tazzine preparate con la <a href="http://www.amazon.it/gp/product/B0000AN3QI/ref=as_li_qf_sp_asin_tl?ie=UTF8&camp=3370&creative=23322&creativeASIN=B0000AN3QI&linkCode=as2&tag=amarantoblook-21" rel="nofollow" target="_blank">moka</a><img alt="" border="0" src="http://ir-it.amazon-adsystem.com/e/ir?t=amarantoblook-21&l=as2&o=29&a=B0000AN3QI" height="1" style="border: none !important; margin: 0px !important;" width="1" />
o 2,5 tazze di caffè americano) non produce alcun effetto negativo sull'individuo sano, anche per il suo importante potere antiossidante.
Ed in taluni casi, come ad esempio per la cirrosi epatica e per il diabete, può persino svolgere un’importante azione preventiva” - introduce Amleto D’Amicis, Coordinatore Scientifico del convegno.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><b>Consumo di caffè e riduzione della mortalità</b></span><br />
<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
<span style="font-size: large;">“In questo caso, è stato necessario valutare gli effetti del consumo del caffè in persone in buona salute, clinicamente sane, alla ricerca di prove dell’esistenza di effetti, favorevoli o sfavorevoli, ulteriori rispetto alle ben note doti del caffè di rappresentare una bevanda gradevole e in grado di esercitare effetti favorevoli sull'attenzione e sulla concentrazione mentale per attività intellettuali e operative – afferma Gianpaolo Gensini, Presidente del Centro Studi di Medicina avanzata. “Negli anni recenti, inoltre, un amplissimo studio del <a href="http://www.nih.gov/" target="_blank">National Institute of Health</a> condotto in 229.119 uomini e 173.141 donne dai 50 ai 71 anni ha permesso di rilevare una riduzione della mortalità totale, di quella da patologie cardiocerebrovascolare, diabete, infezioni, traumi ed incidenti. Quindi ormai disponiamo di buone evidenze, basate su studi di qualità, che il consumo di caffè non implica rischi particolari per la salute, ed è associato con una riduzione assai significativa della mortalità”. </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><b>Caffè e protezione da alcuni tipi di tumore</b></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Come spiega Sabina Sieri, Ricercatrice in Epidemiologia Nutrizionale dell'<a href="http://www.istitutotumori.mi.it/" target="_blank">Istituto Nazionale dei Tumori di Milano</a> – “Alcuni studi hanno messo in evidenza come il consumo di caffè possa proteggere da alcuni tipi di tumore, come il tumore del colon-retto, del fegato e dell’endometrio. I risultati dei recenti studi pubblicati sull'effetto del caffè sono sorprendentemente positivi rispetto alle convinzioni del passato, in cui bere caffè era considerata un'abitudine poco sana. I dati mostrano infatti come non vi sia un'associazione positiva tra il consumo di caffè e il rischio di sviluppare un tumore”.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><b>Azione protettiva in merito alle malattie gastroenteriche</b></span><br />
<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
<span style="font-size: large;">Anche prendendo in esame le malattie gastroenteriche si conferma l'azione protettiva del caffè. “Consumare caffè” – spiega Daniele Del Rio, Professore Associato di Nutrizione Umana presso l’<a href="http://www.unipr.it/" target="_blank">Università di Parma</a> “sembra che possa proteggere dal rischio di incorrere in malattie croniche del tratto gastrointestinale e del fegato e qualche possibile meccanismo coinvolto in questa attività protettiva sta emergendo in maniera sempre più chiara. Noi ricercatori e clinici dobbiamo compiere un ulteriore sforzo di ricerca per comprendere a pieno la complessità della relazione tra il consumo di caffè e la salute, disegnando ricerche di laboratorio e studi sull'uomo che confermino e rafforzino le evidenze ottenute fino ad oggi”.</span>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-12996685544309302132014-11-25T16:40:00.000+01:002016-03-15T10:22:52.382+01:00IN COSA SI ECCEDE A TAVOLA SOTTO LE FESTE<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">
</span>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">
</span>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Secondo una ricerca sulle abitudini alimentari degli italiani
sotto le feste risulta che gli eccessi maggiori riguardano il consumo di olio,
superalcolici e vino, salse, frutta secca e salumi.<o:p></o:p></span></span></div>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">
</span>
<div class="MsoNormal">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Olio e burro</span></b></span></div>
<span class="Apple-style-span" style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">«Le persone non conoscono il valore calorico degli alimenti,
soprattutto dei grassi e dei prodotti elaborati come i dolci, i salumi e i
condimenti – spiega <st1:personname productid="la Dottoressa Michela Barichella" w:st="on">la Dottoressa Michela Barichella</st1:personname>, Responsabile
medico SS Dietetica e Nutrizione Clinica ICP MILANO – ricordiamo che non si
deve abusare dell’olio perché ha un valore calorico elevato. Indipendentemente
dalla sua origine, d’oliva o di semi, <st1:personname productid="a parità di" w:st="on">a parità di</st1:personname> peso, l’olio è più calorico del burro.
Anche se le linee guida della corretta alimentazione consigliano di prediligere
i grassi di origine vegetale rispetto <st1:personname productid="a quelli di" w:st="on">a quelli di</st1:personname> origine animale, perché questi ultimi
contengono colesterolo, occorre sempre fare attenzione alle calorie».<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Troppi grassi</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
I grassi non sono introdotti solo sotto forma di condimento, ma anche
attraverso varie preparazioni industriali come snack, panettoni, pandolci, ecc.
Il 40% del campione tra i 24-64 anni dichiara di consumare nel periodo
natalizio patatine fritte confezionate e quasi il 50% degli stessi mangia anche
focacce e pizzette. Un dato che potrebbe essere legato alla crescente abitudine
di frequentare bar e locali per aperitivi e <em><span style="font-family: "arial" , "sans-serif";">happy
hours</span></em>, e anche alla tradizione di scambiarsi gli auguri natalizi
con brindisi e dolci.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">I consumi di alcol</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
In questo periodo il 25% dei soggetti tra i 24-64 anni beve superalcolici,
mentre il vino è consumato da circa il 60% degli intervistati. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Salse, frutta secca e salumi</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Durante le feste oltre a panettoni e pandori, si consumano più salse,
soprattutto maionese (30-40% degli intervistati), più frutta secca (35%) e più
salumi. I salumi vengono mangiati quasi tutti i giorni e il 50% degli
intervistati consuma il salame più di una volta a settimana.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Lenticchie portafortuna?</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Ci sono invece informazioni incoraggianti sul consumo di legumi: forse per
tradizione o per la speranza che portino fortuna, le lenticchie sono consumate
da più dell’80 % del campione, più volte alla settimana.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">I consigli per non eccedere</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Festeggiare è sacrosanto, ma occorre ricordare che i giorni di festa veri e
propri sono solo la vigilia e il giorno <st1:personname productid="di Natale" w:st="on">di Natale</st1:personname>, Capodanno e l’Epifania. Si tratta di
quattro occasioni, ma ormai l’abitudine ha portato la nostra società a
festeggiare per più di due settimane consecutive. Quindi, sebbene sia concesso
mangiare di più nei quattro giorni deputati, durante gli altri giorni delle
festività è bene mangiare regolarmente, o limitare le calorie introdotte se si
è in sovrappeso. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Aumentare l'attività fisica</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Bisognerebbe inoltre aumentare l’attività fisica per smaltire le calorie in
eccesso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Panettone e pandoro</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Per limitare l'introito calorico è consigliabile consumare panettone, pandoro e
altri alimenti ipercalorici tipici delle festività solo nei giorni di festa,
evitando di mangiarli quotidianamente nei giorni successivi, in particolare a
colazione o a merenda.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Non dimenticarsi di bere</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Non far mai mancare sulla tavola natalizia abbondanti caraffe di acqua. Bere
vino rosso moderatamente. Evitare le bibite gassate e zuccherate e i
superalcolici.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Le verdure</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Evitare, per gli antipasti, preparazioni ricche in salse e preferire invece
sottaceti, verdure grigliate o in pinzimonio, affettati magri e
funghi. Accompagnare il secondo piatto con abbondanti verdure crude e
cotte.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Pane e formaggi</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Limitare il consumo di pane ed evitare di servire formaggi dopo il secondo
piatto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Frutta e dolci</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Portare in tavola, a fine pasto, un’abbondante porzione di frutta fresca
(agrumi, ananas, kiwi), limitando la frutta secca e candita ai soli giorni di
festa. Evitare di accompagnare i dolci natalizi con creme, cioccolata e
farciture varie.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-family: "arial" , sans-serif;">Smaltire le calorie</span></b></div>
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;">
Per aiutare a smaltire le calorie in eccesso, assunte con gli alimenti è
consigliabile mantenere in casa e negli ambienti di lavoro temperature non
superiori ai 20 gradi e assumere uno stile di vita attivo, spostarsi
preferibilmente a piedi o in bicicletta e preferire le scale al posto
dell’ascensore.</span></div>
</span></div>
Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-28455723374006194892014-11-22T16:56:00.003+01:002014-11-22T17:01:16.281+01:00DIBATTITO SULLA RICERCA SCIENTIFICA IN ITALIA<div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">
Dibattito sulla ricerca scientifica in Italia, da chi studia realmente le staminali a chi “spaccia” trattamenti che nemmeno gli sciamani africani proporrebbero, da questioni quali l’aborto e la riproduzione assistita alle scelte di fine vita. Organizzato dall’<a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/" target="_blank">Associazione Luca Coscioni</a> che vede l’avvocato <a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/chi-filomena-gallo" target="_blank">Filomena Gallo</a> in prima linea su alcuni di questi temi anche a livello di Corte europea, un rapporto della statunitense <a href="http://www.bryant.edu/" target="_blank">Bryant University</a> (sede a Smithfield, in New England) colloca l’Italia appena al 35° posto su 42 Paesi vagliati. Rapporto frutto di una ricerca coordinata da <a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/chi-andrea-boggio" target="_blank">Andrea Boggio</a>, giurista e scienziato sociale, docente di diritto presso la <a href="http://www.bryant.edu/" target="_blank">Bryant University</a>, membro del <a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/organi-carica" target="_blank">Consiglio direttivo dell’Associazione Coscioni</a>. Quattro i campi esaminati: aborto, riproduzione assistita, staminali embrionali e scelte di fine vita. E Boggio, nell’<a href="chrome-extension://gbkeegbaiigmenfmjfclcdgdpimamgkj/views/app.html" target="_blank">evento romano</a>, ha esordito con queste parole: “Oggi sono qui per presentarvi una iniziativa di cui sono parte fin dal 2008 e che oggi finalmente è giunta al suo lancio. Si tratta del lancio dell’Indice di libertà e autodeterminazione. È uno strumento per misurare, a livello globale e comparato, il grado di libertà di ricercatori e pazienti”.<br />
Titolo del rapporto Boggio: <a href="http://www.radioradicale.it/scheda/407472/colmare-il-divario-tra-scienza-e-politica-terzo-incontro-del-congresso-mondiale-per-la-liberta-di-ricerca-" target="_blank">“Colmare il divario tra scienza e politica”</a>. Sintesi, dati alla mano: in Italia il clima è antiscientifico. E questo in un momento in cui invece il resto d'Europa, per non parlare di molti Paesi emergenti, garantisce molte più libertà ai ricercatori e agli stessi pazienti. Per ogni area valutata è stato definito un punteggio in base alla legislazione e al grado di libertà. Il risultato è stato visualizzato in mappe con colori diversi. Al primo posto si colloca il Belgio, con 163 punti, seguito da Olanda e Stati Uniti. L’Italia ha sommato 83 punti totali, meno di Messico e Vietnam, mentre all’ultimo posto ci sono le Filippine, le più illiberali, con 38. «L’Italia ha una legislazione avanzata solo sull’aborto - spiega Boggio -, mentre ci sono Paesi meno sviluppati economicamente che hanno già affrontato certi dibattiti in modo più costruttivo. Scopo del rapporto era anche il confronto con i Paesi vicini, in cui si vede che certe proibizioni di casa nostra promuovono soltanto viaggi della speranza dei pazienti all’estero, come accade per il suicidio assistito in Svizzera».<br />
E qui occorre sottolineare un aspetto della società odierna, globale: i divieti valgono solo per chi non ha i soldi, chi si può permettere i viaggi della speranza li fa alla faccia delle leggi italiane. Risultato: il principio costituzionale di una sanità che garantisca a tutti il meglio, senza favoritismi e a carico dello Stato, viene meno.<br />
L’ex ministro degli Esteri Emma Bonino ha commentato lo studio presentato da Boggio: «In Italia qualunque risultato della scienza è visto con sospetto, e anche la raffigurazione stessa dei ricercatori è negativa nella percezione comune. L’interazione fra mondo della ricerca e politica dovrebbe essere migliorata, perché il metodo scientifico è l’unico argine agli ideologismi e alle illusioni come quelle che abbiamo visto nel caso Stamina».<br />
Una proposta per migliorare il rapporto tra scienza e politica arriva da Roberto Bertollini, direttore dell’ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms): la nomina di un Science advisor per il presidente del Consiglio italiano. «In molti altri Paesi esiste questa figura. Gran parte delle conquiste scientifiche al momento sono ignorate, si pensi per esempio a tutto ciò che si sa sulla prevenzione».<br />
<br />
Un passaggio di Boggio va sottolineato. Orgoglioso della cornice istituzionale (Parlamento) in cui ha presentato lo studio, lo scienziato sociale avverte: “La legge, nel senso di ordinamento giuridico positivo, è strumento centrale nello studio della libertà e del potere di autodeterminazione in quanto, attraverso lo strumento dei diritti, offre ai cittadini spazi ed opportunità di agire liberamente ma anche in quanto, attraverso proibizioni e restrizioni, può precludere e limitare proprio gli stessi spazi di libertà”.
</div>
</div>
</span>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-81969860301953666462014-11-13T23:40:00.000+01:002014-11-13T23:40:47.911+01:00UN DATABASE DI INFORMAZIONI SUL CONFRONTO DELLE SEQUENZE PROTEICHE<div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">
<br /><br />ARMONK (New York) – Che cosa hanno in comune il Dna delle alghe australiane, le acque del Rio delle Amazzoni, le piante tropicali e il terreno boschivo? Molto, affermano gli scienziati. E comprendere le similarità genetiche di forme di vita disparate potrebbe consentire ai ricercatori di produrre composti per nuovi medicinali, materiali ecologici, colture più resilienti e aria, acqua ed energia più pulite.<br /><br /> Confrontare le proteine codificate dai geni di svariate forme di vita è l’obiettivo di Uncovering genome mysteries, un nuovo progetto ospitato su <a href="http://worldcommunitygrid.org/" target="”_blank”" title="World Community Grid">World community Grid</a> di Ibm. <br /><br />Gestito dall’università Unsw Australia e dall’Oswaldo Cruz Insitute brasiliano, il progetto intende eseguire circa 20 quadrilioni di confronti tra 200 milioni di proteine, alla base di un’ampia varietà di organismi.<br /><br />Impresa titanica che di norma richiederebbe a un singolo computer di eseguire calcoli per 40.000 anni senza interruzioni, ma grazie alla potenza del supercomputer World community grid la durata si ridurrà a pochi mesi. Perché il supercomputer Ibm, che festeggia un decennio di ricerca d’avanguardia su tematiche di interesse umanitario, utilizza la disponibilità e la potenza dei computer di migliaia di volontari sparsi per il mondo. Questi volontari hanno scaricato un’app che prende in prestito la potenza inutilizzata dei dispositivi informatici in momenti in cui essi non servono agli utenti, per esempio durante una pausa breve o prolungata dal lavoro. La scalabilità di questo supercomputer virtuale offre agli scienziati la capacità pressoché illimitata di lavorare con enormi quantità di dati e senza alcun costo. E’ una sorta di volontariato informatico planetario a costo zero e risultati impossibili da realizzare con un solo calcolatore, per quanto super. <br /><br />Anche se il progetto elaborerà le sequenze proteiche da varie forme di vita, dedicherà particolare attenzione ai microrganismi, per via della loro onnipresenza e della loro importanza. I microrganismi che vivono all’interno e sopra il nostro corpo, per esempio, sono 10 volte più numerosi delle cellule umane vere e proprie. Essi controllano un’enorme varietà di processi naturali importanti per la salute (i batteri intestinali favoriscono la digestione e riducono le allergie), la produzione alimentare (il lievito per la panificazione aumenta la resa, accelera la preparazione e migliora il gusto), l’agricoltura e l’acquacoltura (i batteri eliminano le impurità). I microrganismi sono stati utilizzati per depurare le acque negli impianti di trattamento delle fognature e anche per ripulire le maree nere in seguito a sversamenti di petrolio. I microrganismi nelle piante tropicali esotiche si dimostrano promettenti come fonte di carburante efficienti e sostenibili. <br /> <br /> Tuttavia, la maggior parte di queste scoperte è stata effettuata attraverso un processo per tentativi ed errori, oneroso in termini di tempo. Una migliore comprensione dei geni dei microrganismi e delle proteine corrispondenti potrebbe accelerare lo sviluppo di tecnologie e soluzioni pratiche. Nonostante la loro importanza per la salute del nostro pianeta, i microrganismi sono difficili da analizzare a causa delle dimensioni microscopiche, del loro grande numero e della incredibile varietà. Cercare geni utili in organismi sconosciuti rappresenta un compito arduo per gli scienziati. Un piccolo campione di acqua o terreno può contenere decine di migliaia di obiettivi da studiare e ogni organismo può avere migliaia di geni. Un approccio all’individuazione dei “superpoteri” nascosti della natura è analizzare il corredo genetico dei diversi organismi, per comprenderne il funzionamento. L’accelerazione dei cambiamenti climatici e la scomparsa dell’habitat hanno imposto un’accelerazione obbligata dell’identificazione e dell’analisi dei vari Dna e delle proteine che codificano. <br /><br />Il progetto Uncovering genome mysteries intende produrre un database di informazioni sul confronto delle sequenze proteiche, a cui tutti gli scienziati possano attingere. I leader del progetto sperano che ciò possa portare a identificare nuove funzioni geniche, a scoprire come gli organismi interagiscono tra loro e con l’ambiente e a comprendere meglio come i microrganismi si modificano a causa delle sollecitazioni ambientali, come i cambiamenti climatici.<br /><br /> Quasi tre milioni di computer e dispositivi mobili utilizzati da più di 670.000 persone e 460 istituzioni di 80 Paesi sono la potenza virtuale per i progetti su World community grid. Dall’inizio del programma, i volontari hanno alimentato più di 20 progetti di ricerca, donando quasi un milione di anni di tempo di calcolo alla ricerca scientifica. E hanno contribuito a realizzare importanti progressi scientifici nel campo della salute e della sostenibilità. Ibm invita gli scienziati a presentare le proposte di progetti di ricerca per ricevere questa risorsa gratuita e invita il pubblico a donare la potenza inutilizzata dei loro computer a queste iniziative. Il tutto sul sito <a href="http://worldcommunitygrid.org/" target="”_blank”" title="World Community Grid">worldcommunitygrid.org</a>.
</span>
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Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-29002372677527692742014-11-13T12:06:00.001+01:002014-11-13T12:10:45.717+01:00NON TUTTI GLI INTERVENTI DI MEDICINA ESTETICA SONO PROIBITIVI<div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">
Un documento ufficiale, il primo del settore, che definisce le linee guida dei principali interventi di chirurgia estetica. È quello realizzato dall’Associazione italiana di chirurgia plastica estetica (<a title="Associazione italiana di chirurgia plastica estetica" target=”_blank” href="http://www.aicpe.org/">Aicpe</a>), pubblicato sul numero di ottobre della rivista scientifica <a title="Minerva Chirurgica" target=”_blank” href="http://www.minervamedica.it/it/riviste/minerva-chirurgica/">Minerva Chirurgica</a>.
Si tratta di un lavoro importante, che ha come scopo <b>definire, per la prima volta in Italia, i punti essenziali per l’esercizio della buona pratica medica nel campo della chirurgia estetica</b>: «Da tempo nel settore era avvertita la necessità di disporre di istruzioni chiare, da tener presenti nella pratica quotidiana e a cui riferirsi per chiarire ogni dubbio. Abbiamo deciso di colmare un vuoto, riassumendo i punti principali degli interventi più praticati» afferma il presidente di <b><a title="Associazione italiana di chirurgia plastica estetica"target=”_blank” href="http://www.aicpe.org/">Aicpe</a>, Giovanni Botti</b>.
Le linee guida sono un insieme di raccomandazioni sviluppate sistematicamente, sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e valide, redatte allo scopo di rendere appropriata, e con un elevato standard di qualità, la condotta chirurgica di chi le applica: «<b>Il documento è pensato per i medici chirurghi</b> che devono affrontare un’operazione estetica e che potranno trovare un aiuto nel percorrere binari tracciati sulla base dell’esperienza pratica di professionisti esperti. Sono utili anche come <b>punto di riferimento per i pazienti o per i tribunali</b>, per verificare se l’iter seguito dal professionista è corretto» prosegue Botti.
Caratteristica principale del documento è di nascere non a tavolino o dai libri, ma dall’esperienza pratica di medici che da anni esercitano tutti i giorni l’attività professionale, ponendo sempre <b>il rispetto della sicurezza e della salute del paziente come principio prioritario e inderogabile</b>. Numerosi chirurghi plastici, soci di <a title="Associazione italiana di chirurgia plastica estetica" target=”_blank” href="http://www.aicpe.org/">Aicpe</a>, hanno contribuito alla realizzazione delle linee guida, curando con impegno ed entusiasmo ogni dettaglio per arrivare alla stesura definitiva.
La realizzazione di questo documento è un traguardo importante per <a title="Associazione italiana di chirurgia plastica estetica" target=”_blank” href="http://www.aicpe.org/">Aicpe</a>, associazione nata nel settembre 2011 per promuovere la formazione e la pratica della chirurgia plastica estetica, che ha tra gli innumerevoli scopi proprio anche l’elaborazione di linee guida condivise.
La prima edizione delle linee guida definisce il modus operandi delle <b>operazioni di chirurgia estetica più praticate</b>, che sono: blefaroplastica; lifting del volto; addominoplastica; otoplastica; mastoplastica additiva; rinoplastica; lipoaspirazione; lifting/dermolipectomia della regione mediale delle cosce; mastopessi; mastoplastica riduttiva; ginecomastia (riduzione del seno maschile); chirurgia plastica estetica dei glutei.
Per gli interventi è stata identificata dal coordinatore del progetto, Gianluca Campiglio, una <b>griglia in 10 punti</b>, così da avere un documento omogeneo: definizione del tipo di intervento, esami pre-operatori, se necessari; tipi di anestesia e conseguenti modalità di ricovero; profilassi antibiotica se necessaria; indicazioni cliniche; controindicazioni; alternative terapeutiche; esiti cicatriziali standard; prima medicazione e rimozione dei punti; gestione delle principali e più frequenti complicanze post-operatorie.
Non tutti gli interventi di medicina estetica sono proibitivi. E non per questo sono di scarsa qualità. A patto di mettersi in mani esperte. In tempo di crisi, ecco i trattamenti più innovativi selezionati con la collaborazione di <b>Alfredo Borriello, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’ospedale <a title="Ospedale Pellegrini di Napoli" target=”_blank” href="http://www.aslnapoli1centro.it/pellegrini">Pellegrini </a>di Napoli</b>
<p>
- <b>CELLULITE </b>(anche utili per ridurre la circonferenza delle <b>gambe</b>, tonificare la pelle, diminuire smagliature e cicatrici):
<ol>
<li>la <b>carbossiterapia</b>, una tecnica innovativa che, attraverso microiniezioni localizzate di anidride carbonica, permette di migliorare le alterazioni del microcircolo svolgendo un effetto drenante. <b>Costo: 120-150 euro.</b></li>
<li>la <b>Smooth Shape</b>: una tecnologia che utilizza due differenti tipi di laser abbinati ad un massaggio connettivale ed ad un’azione di aspirazione negativa-positiva sui tessuti per ottenere lo scioglimento degli accumuli adiposi. <b>Costo: 150 euro.</b></li>
<li>la <b>laser lipolis</b>i: una moderna tecnica indolore e poco invasiva per guarire la cellulite e le adiposità localizzate. Sfruttando l’effetto termico del laser si provoca una vera e propria liquefazione del grasso che viene subito dopo aspirato. Ne consegue un progressivo miglioramento e rimodellamento della zona trattata che nelle settimane successive all'intervento appare subito più tonica e compatta. <b>Costo: circa 1000 euro a seduta.</b></li>
<li><b>Cavitazione</b>: ultrasuoni che sciolgono adiposità localizzate. <b>Costo: da 150-200 euro a seduta.</b></li>
<li><b>Mesoterapia</b>: La mesoterapia è una procedura semplice che consiste nell’<b>iniezione nel derma di piccole quantità di farmaci</b> di diverso genere per ridare freschezza e giovinezza ai tessuti. <b>(veicolazione trasdermica)</b>. Sono prodotti che agiscono migliorando microcircolo. <b>Costo: 1200-1230 euro a seduta.</b>
</li>
</ol>
</p>
<p>
- <b>RUGHE</b> (ringiovanimento del viso, compresi occhi e labbra):
<p>
Per il <b>viso </b>sono ideali i trattamenti a base di
<ol>
<li> <b>acido ialuronico- filler</b>: soluzioni in grado di ridurre le rughe del viso e stimolare la produzione di collagene naturale. Questi interventi svolgono un’azione riempitiva mirata, in grado di agire su specifiche zone del volto (occhi, mento, zigomi e sopracciglia). <b>Costo: da 200 fino a 800 euro.</b></li>
<li> <b>Botulino</b>: ideale per le rughe della fronte e intorno agli occhi. <i>Costo: da 300 a 500 euro.</i></li>
<li> <b>Dermoabrasione (o peeling del viso)</b>: trattamento che causa in maniera controllata un’esfoliazione della parte superficiale della cute, cioè quella dove sono presenti le rughe. L’agente è generalmente una sostanza acida.
Il peeling ridona un aspetto levigato, e conferisce luminosità alla pelle, tale da ringiovanirla. La cute, infatti, appare più luminosa e liscia con un colore originario uniforme. Utile anche per trattare le lesioni da acne. <b>Costo: da 700 a 3000 euro.</b></li>
<li> <b>Lipofilling/lipostruttura</b>: prelievo del grasso per immetterlo sulla zona da riempire. <b>Costo: da 1500 a 2000 euro.</b></li>
<li> <b>Laser CO2 frazionato</b>: è una sorta di dermoabrasione per migliorare la pelle. <b>Costo: da 400 a 2000 euro, in caso di full face.</b></li>
<li> <b>Biorivitalizzazione</b>. Microiniezioni di cocktail di farmaci che contengono aminoacidi, silicio e altre sostanze che danno vitalità alla pelle. <b>Costo: 150 euro a seduta (4/5 sedute).</b></li>
<li> <b>Fattori di crescita piastrinici</b>: rivitalizzazioni utilizzando sangue autologo. Consiste nel prelievo di sangue che viene centrifugato. Si estraggono poi estratte le piastrine che contengono fattori di crescita tessutali e vengono iniettati nel volto con tante microiniezioni. <b>Costo: 400/500 euro a seduta (tre all’anno).</b></li>
<li> <b>Peeling chimici di vario tipo</b>: acido glicolico, acido lattico, acido salicilico, acido tricoloracetico (PCA) posizionate sul volto come gel. Vengono tenuti ad agire qualche minuto e poi rimossi. Migliorano qualità delle pelle e tolgono le micro rughe. <b>Costo: da 100 a 300 euro.</b></li>
<li> <b>Minilifting</b>: asportazione della cute rilassata e qualche punto di trazione sul muscolo del volto. Anestesia locale. <b>Costo: 3500-4000 euro.</b></li>
<li> <b>Radiofrequenza</b>. Il calore prodotto dalla radiofrequenza, provoca la denaturazione e la contrazione delle fibre di collagene (e questo produce una effetto lifting di stiramento e compattamento della pelle), e stimola la produzione di nuovo collagene, oltre che ridurre il volume delle ghiandole sebacee. Contrastando il rilassamento dato dal tempo, il trattamento provoca la contrazione della pelle del viso, con un effetto liftante (ringiovanimento del viso) visibile in particolare a distanza di alcuni mesi. <b>Costo: 120-150 euro.</b></li>
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- <b>MANI:</b>
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esistono soluzioni specifiche in grado di agire sia esternamente, come i trattamenti che “producono” calore, ovvero <b>radiofrequenza, biorivitalizzazione</b> e <b>laser CO2 frazionato (da 200 a 400 euro)</b>, particolarmente adatti a ridurre le macchie scure, ma anche internamente. In questo caso si può intervenire con iniezioni di sostanze biostimolanti esogene (aminoacidi, vitamine, acido ialuronico) o endogene (plasma arricchito di piastrine o PRP).
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<b>Per le mani scarne:</b> riempimenti <i>con grasso o acido ialuronico</i> (fino a 3000 euro).
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- <b>PER OCCHIAIE, BORSE E RUGHE DEGLI OCCHI (Chirurgia dello sguardo):</b>
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<li> <b>BLEFAROPASTICA:</b> Grazie ad un semplice riposizionamento di volumi, cioè degli accumuli di grasso che provocano la formazione delle antiestetiche “borse” e occhiaie, è possibile colmare quei solchi naso-orbitali, che sono alla base del problema e recuperare con un breve decorso post operatorio, uno sguardo meno appesantito e più disteso. <b>Costo: circa 3000 euro.</b></li>
<li><b>TRAPIANTO DI SOPRACCIGLIA:</b> richiesto in seguito a gravi incidenti come ad esempio ustioni, o per problemi legati ad una crescita irregolare. <b>Costo: circa 2500 euro.</b></li>
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<b>- ACNE:</b>
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<li> <b>Peeling (come sopra)</b></li>
<li> <b>Laser CO2 frazionato (come sopra)</b></li>
<li> <b>Luce pulsata:</b> trattamento laser non abrasivi di 4 o 5 sedute. <b>Costo: 120-150 euro a seduta.</b></li>
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<b>- RILASSAMENTO DELLA PELLE DEL COLLO:</b>
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<li> <b>Fili di sospensione:</b> danno un minimo di trazione per le parti rilassate (si mettono dei fili sottocute). <b>Costo: 1000-1500 euro.</b></li>
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<b>- PANCIA: </b>
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<li> <b>Miniaddominoplastica:</b> asportazione di pelle poco rilassata con una cicatrice che si sovrappone a quella del cesareo e può essere fatta in anestesia locale. <b>Costo: da 2000 a 3000 euro.</b></li>
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<b>- DEPILAZIONE LASER: moderni laser a luce pulsata e a diodi</b>, permettono di colpire il pelo fino alla sua base, cioè nel bulbo pilifero. Questo permette di eliminare il bulbo e conseguentemente anche il pelo definitivamente.
<b>Costo: da 60 a 150 euro a seduta.</b>
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<b>- CAPILLARI SULLE GAMBE:</b> la <b>Terapia sclerosante</b> per eliminare i capillari visibili sulle gambe. Una soluzione sclerosante viene iniettata <b>all’interno dei capillari con un sottilissimo ago</b>. Tale sostanza che è a bassissima tossicità ne causa l’occlusione. Per capillari di calibro maggiore possono essere necessari più trattamenti. <b>Costo: dai 120 e i 400 euro.</b>
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</div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-70302656285145091012012-04-21T14:23:00.001+02:002012-04-21T14:24:53.485+02:00GLUTEN SENSITIVITY<div><p>Si chiama Gluten Sensitivity  ed  è una malattia causata dal glutine contenuto in alimenti come pasta, pane, pizza, dolci  ma non è  la classica celiachia. E può costare molto cara ai cittadini che senza conferme mediche pensano di mettersi al riparo dalla malattia sostituendo la normale alimentazione con una dieta priva di glutine. Dieta economicamente impegnativa: un chilo di lasagne senza glutine costa  16 euro,  i bucatini poco meno di 10 euro, 240 grammi di pizza 4 euro e 40 cent,  150 grammi di ckracker 3 euro e 99 centesimi e 300 grammi di minibaguette 6 euro e 41 centesimi e 200 grammi di merendine 3 euro e 80 centesimi.  Un vero business, tanto affaristico quanto poco scientifico.<br>
I sintomi della Gluten Sensitivity sono meteorismo, dolori addominali, diarrea, cefalea, afte in bocca, formicolii diffusi e mente offuscata: un misto tra apatia e  svogliatezza anche nello svolgere i normali compiti della giornata. Ricercatori italiani e stranieri affermano che questa patologia è molto diffusa. Alcune stime pubblicate dalla stampa dicono che il 6% della popolazione mondiale ne soffre e che il 15-25% degli  americani preferisce una dieta senza glutine. Lo afferma il quotidiano Usa Today, uno dei giornali più diffusi negli Stati Uniti. Secondo il Washington Post, invece, sarebbero 17 milioni i cittadini americani portatori di questa malattia. “Dati e affermazioni senza alcuna base scientifica comprovata e sicura - dice Gino Roberto Corazza, uno dei massimi esperti mondiali di celiachia che in materia ha pubblicato oltre 400 studi internazionali, direttore della prima clinica medica del San Matteo di Pavia -. Le indagini epidemiologiche non sono mai state fatte e quindi parliamo d’aria e si rischia di alimentare un’isteria di massa”. <br>
Secondo Corazza si tratta di una nuova patologia ancora da studiare, da non sottovalutare, ma neanche sopravalutare: “Il tam tam mediatico su tale argomento, negli ultimi mesi, è stato massiccio - spiega - nonostante l’assenza di esaurienti argomenti scientifici. Non basta l’auto-diagnosi per affermare, come fanno alcuni, che in Italia sei su 100 soffrono di questa malattia”. Ormai molti pazienti o presunti tali, si auto-prescrivono una dieta priva di glutine e comprano prodotti molto più costosi dei normali alimenti. Farina, grissini, cracker, pasta, pizza, merendine costituiscono un business milionario che in pochi mesi ha fatto registrare un boom nelle vendite in farmacia, al supermercato, nelle parafarmacie e nei negozi specializzati nel biologico.   Non solo.  “Chi utilizza questa dieta senza controllo medico va incontro a rischi elevati - avverte Corazza - per esempio salta i necessari accertamenti diagnostici per verificare l’esistenza della vera celiachia. Malattia che in alcuni casi è mortale e può essere accompagnata da patologie importanti come artrite, tiroidite, diabete, osteoporosi, infertilità”. <br>
Al riguardo, il  21 febbraio scorso, Corazza ha firmato insieme ad Antonio Di Sabatino un lavoro pubblicato da Annals of Internal Medicine, una delle più autorevoli  riviste scientifiche di medicina a livello mondiale. “A differenza della celiachia non esiste un test diagnostico per verificare l’esistenza della Gluten Sensitivity né in Italia né in altri Paesi. Mentre l’esistenza della celiachia si conferma con la biopsia intestinale e la ricerca degli anticorpi nel sangue, la diagnosi di questa nuova malattia si basa solo sulle sensazioni del paziente ed è quindi necessario che ad occuparsene siano gli specialisti e non  i pazienti stessi che, pensando di mettersi al riparo, comprano alimenti senza glutine”. Secondo Corazza, l’unico mezzo diagnostico oggi a disposizione è la rilevazione dei sintomi dopo una dieta, con e senza glutine, somministrata però all’insaputa del paziente.<br>
Mario Pappagallo</p>
</div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-65278224841343496862011-10-24T16:21:00.000+02:002011-10-24T16:21:32.510+02:00DEPRESSIONE<div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Si è appena laureato in Giurisprudenza. 110 e lode. Silenzio, seduto sul bordo del letto, nella sua camera (vive in famiglia, con i genitori), tapparelle semichiuse. Silenzio. E’ così da giorni. Luca T., 26 anni, è un “bamboccione” (a dirla alla Padoa Schioppa) senza prospettive. Depresso senza diagnosi, o sulla via per esserlo. Laureato brillantemente, ma fuso perché non vede il futuro. Il presente è un call center da 900 euro al mese. E due genitori che sono in ansia per lui. La madre lo guarda, lo coccola. Il padre, docente delle medie superiori, prossimo alla pensione, è un iper. Irrompe nella stanza di Luca, apre le finestre, lo sgrida e lo deprime ulteriormente con la classica frase: “Ma esci, sei giovane. Io alla tua età ero in giro con gli amici… Con le ragazze “. Tutte coltellate per la mente di Luca, ma forse non le ascolta più nemmeno. Eppure ci vorrà ancora del tempo prima che qualcuno pensi di farlo visitare da uno specialista. Lo psichiatra. Lo “strizzacervelli”. I luoghi comuni si sprecano: “Chi va dallo psichiatra è matto, ha qualche rotella fuori posto… Poi la gente che dice?”. Le sedute di psicanalisi? La psicoterapia? Uno stigma. “Poi se si viene a sapere… “. </span><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">E poi, “troppo costose: una a settimana a 200 euro l’una… Non ce la facciamo”. Forse meglio le pillole, le passa il servizio sanitario…. E nessuno sa niente. In fin dei conti una pillola vale l’altra… Storia vera, in una città del Sud. Di quello che passa nella testa di Luca, se non per l’immagine del brillante laureato offuscata dalla paura dello stigma, pochi si interessano. E’ come il bicchiere riempito a metà: mezzo vuoto o mezzo pieno. E’ questo il momento per riempirlo del tutto, prima che invece si svuoti. Ma la diagnosi, come spesso accade e non solo in Italia, arriverà in ritardo. Anche un anno dopo. E così la cura.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">L</span><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">uca è depresso, forse peggio. </span><span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Le sfumature sono molte: dall’uso generico della parola depressione per momentanei stati d’animo negativi alla malattia vera e propria. Psichica. Fisica. Psicofisica.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">L’Italia s’è depressa. Povertà in aumento, giovani senza lavoro, sempre più vecchi pensionati e soli. Crisi demografica, la paura di truffe, rapine e scippi. Le varie caste contro cui sembra impossibile confrontarsi. La fotografia dell’Istat sembra influire anche sulla fotografia della salute psichica degli italiani. E così tra diagnosticati e non, tra chi è a rischio e chi non vuole accorgersene, sono ben 15 milioni i depressi d’Italia. Poco più di 10 milioni nel 2000. Più nelle donne che negli uomini: incidenza all’incirca doppia. Non tutti depressi gravi: si va dalla malinconia all’ansia, dai bipolari a chi esprime gli effetti collaterali dell’uso di droghe varie. Ma già il ricercare euforia quando si è giovani non è certo un buon segnale. Alla fine si può parlare di epidemia mondiale: prevalenza dall'8 al 10 per cento nella popolazione secondo l'<a href="http://www.who.int/" target="_blank" title="World Health Organization"><i>Organizzazione Mondiale della Sanità</i></a> che indica la depressione anche come prima causa di disabilità nel mondo di qui al 2020. Se invece si considera soltanto la popolazione tra 15 e 44 anni di entrambi i sessi questo posto gli spetta già. Gli specialisti sono costretti ad aggiornare la “bibbia” mondiale dei disturbi psichici, il Dsm. Alla quinta stesura partecipa anche l’italiano Maj.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Colpiti, con diagnosi, sei milioni di cittadini del nostro Paese. Ma altri nove milioni sono bicchieri mezzi pieni o mezzo vuoti, come Luca, soffrono in silenzio, non si curano e difficilmente accettano la malattia. E in un certo senso finiscono con l’avere una vita da disabili. Mario Maj, psichiatra napoletano, presidente della Società mondiale di Psichiatria, conferma: “La depressione è la malattia non fatale che comporta la maggiore disabilità”. Se non fonte di guai peggiori: Giovanni, 15 anni, suicida per una brutta pagella (nessuno immaginava!); Maria, 30 anni, che ha tentato di uccidere il figlio di pochi mesi (depressione post partum mai diagnosticata prima del dramma); Antonio, 45 anni, clochard dopo aver perso il lavoro e abbandonato moglie e figli… Storie. Tante storie mai scritte nemmeno nelle cartelle cliniche.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">La depressione interessa oggi in tutto il 25 per cento della popolazione italiana (15 milioni di persone), le donne più colpite degli uomini. Le casalinghe in particolare. Ma è in aumento tra i giovani (mancanza di prospettive), nelle sempre più numerose famiglie a reddito insufficiente (debiti e sensazione di non arrivare alla fine del mese: a volte mancano pure i soldi per comprare i libri scolastici ai figli), negli anziani. Soprattutto se soli, con pensione bassa e senza mezzi per coltivare hobby o attività che tengano vitale la loro voglia del domani. E sì perché un depresso è senza un domani.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Alla fine, la somma porta a un italiano su quattro. Malato o a rischio. A volte, raramente, ne escono da soli o grazie a un evento che rappresenta uno choc tale da invertire il black-out. A volte famiglia o amici fanno da psicoterapeuti. Ma, troppo spesso, una diagnosi in ritardo comporta un intervento d’urto: farmaci e psicoterapia insieme. Spiega Maj: “Il punto essenziale è che la depressione (intesa nel senso clinico del termine) va distinta dalla demoralizzazione (o tristezza normale), che è quell’esperienza del tutto fisiologica a cui va incontro praticamente il 100% degli esseri umani, una o più volte nel corso della propria esistenza, a seguito di eventi di perdita, separazione o insuccesso. La distinzione della depressione dalla demoralizzazione si basa sul quadro clinico, sulle modalità della sua insorgenza, sulla sua intensità e durata, e sul grado di compromissione del funzionamento sociale e lavorativo. Questa distinzione richiede a volte tutta l’esperienza dello specialista, e può essere particolarmente difficile nel soggetto molto giovane, nell’anziano e nella persona con patologie fisiche concomitanti”. Dal diabete alla pressione alta, dall’obesità all’impotenza, dai disturbi nei rapporti con il cibo a deficit immunitari. Ai tumori.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Ecco il punto: diagnosi precoce, precisa e cure personalizzate. A volte si danno farmaci a chi non ne deve prendere, a volte non si danno quando si dovrebbe. Tra le cause anche la diffidenza degli italiani a rivolgersi ai servizi sanitari: i maschi anziani i più ostici. Tra le persone che hanno sofferto di qualunque forma di depressione nel corso dell’ultimo anno, soltanto il 20,7% si è rivolto al servizio sanitario (pubblico o privato, inclusi i liberi professionisti privati). Di questi, il 39,2% ha consultato soltanto il medico di medicina generale. E il 40,8% ha ricevuto soltanto la prescrizione di un trattamento farmacologico. Inoltre, la percentuale delle persone senza alcuna diagnosi di disturbo mentale nel corso dell’ultimo anno che ha utilizzato almeno uno psicofarmaco è stata del 12,9%, mentre la percentuale di tali persone che ha usato almeno un farmaco antidepressivo è stata del 2,1%. Quindi? Risponde Maj: “La grande maggioranza delle persone depresse nel nostro Paese non si rivolge ai servizi sanitari. Tra quelle che si rivolgono a tali servizi, una su sette non riceve alcun trattamento. Tra quelle che prendono farmaci, quasi un terzo assume soltanto farmaci ansiolitici (benzodiazepine o simili) che non hanno alcun effetto antidepressivo”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Gli italiani si “fidano poco” degli specialisti perché aleggia un certo pessimismo sulle possibilità terapeutiche oggi disponibili. Poi, la vergogna e il timore di essere etichettati come “malati di mente”. Nel caso delle giovani madri depresse, infine, incide la paura di perdere la custodia dei propri figli.</span></div>
</div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-9122398852873745422010-03-22T23:19:00.003+01:002011-07-31T00:24:33.694+02:00LEGGERE AI PICCOLI<div><div style="text-align: justify;">I genitori che leggono libri illustrati ai loro bambini piccoli, non solo instillano molto presto il piacere della lettura, ma insegnano anche come funziona il mondo che li circonda. Una ricerca pubblicata su <a href="http://www.apa.org/pubs/journals/dev/index.aspx" target="_blank" title="Developmental Psychology"><i>Developmental Psychology</i></a> mostra infatti che i piccoli imparano e sono in grado di riprodurre nuove azioni dopo averle viste nelle illustrazioni dei libri. La maggior parte dei genitori di bambini in età prescolare possiede dozzine di libri per l'infanzia e trascorre almeno 40 minuti al giorno leggendoli ai propri figli. Per capire fino a che punto i bambini sono capaci di imparare dalle figure dei libri, le psicologhe Gabrielle Simcock, dell'università del Queensland, e Judy DeLoache, dell'università della Virginia, hanno verificato se i piccoli riuscivano a imitare e svolgere determinate azioni su alcuni oggetti del mondo reale, sulla base dell'interazione con le illustrazioni.</div><div style="text-align: justify;">Due gli studi condotti dalle ricercatrici, su un totale di 132 bambini di 18, 24 e 30 mesi. Nel primo studio, i bimbi sono stati divisi in due gruppi: a uno veniva dato un libro con sei fotografie a colori e all'altro uno con disegni a matita colorati, che riproducevano quelli delle fotografie. Alla fine della lettura ai bambini e' stato chiesto di costruire un sonaglio usando gli oggetti di fronte a loro. Cosa che molti sono stati in grado di fare imitando le azioni raffigurate e descritte nel libro. ''I bimbi molto piccoli - spiega Simcock - possono imparare a eseguire nuove azioni con oggetti nuovi sulla base di una breve interazione con la lettura di un libro illustrato. Una forma di apprendimento che comincia molto presto, e che rappresenta una fonte importante di informazione sul mondo circostante''. L'iconicità (la somiglianza cioè tra un oggetto reale e e uno presente nel libro) delle illustrazioni nei libri e' dunque stato il fattore di influenza piu' importante. I piccoli di 18 mesi erano infatti meno capaci di seguire le 'istruzioni' date nel libro con disegni colorati rispetto a quelli con illustrazioni colorate simili a fotografie. Le due psicologhe hanno poi selezionato un nuovo gruppo di bambini di 24 e 30 mesi, per vedere le loro reazioni di fronte a disegni in bianco e nero degli stessi libri. In questo caso i risultati sono stati decisamente più scarsi, visto che i piccoli hanno eseguito abbastanza male le azioni. ''Tali risultati - conclude Simcock - estendono la nostra comprensione dello sviluppo delle competenze nel secondo anno di vita e indicano un'interazione tra le capacità rappresentative simboliche e generali nell'esecuzione da parte di bambini molto piccoli''.</div></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-45445141986289449782010-03-21T23:54:00.006+01:002010-12-05T00:41:06.296+01:00DECALOGO PER MIGLIORARE LA VITA ALLUNGATA<div align="justify"><span style="font-family:arial;"><span style="font-size:130%;"><strong><em>I consigli degli esperti per migliorare la vita allungata ed invecchiare sani.</em></strong><br /><br />Trentamila passi a settimana, cervello sempre attivo, alimentazione corretta e aria aperta laddove non c’è smog. Moderazione in tutto, tranne che in un concetto positivo della vita. È la ricetta del buon senso, ma anche quella della prevenzione antica e moderna per invecchiare senza invecchiare. Tanti anni in buona salute.</span></span></div><div align="justify"><span style="font-family:arial;"><span style="font-size:130%;"><br /><strong>Prima regola: movimento.</strong> Bando alla sedentarietà dell'era moderna. Ma senza eccedere, senza strafare. Camminando, camminando, gli anni si raggiungono in buona salute.<br /><br />Quanti anni? Centoventi in media. Se l'età scritta nei geni venisse raggiunta anche nella realtà (e ciò è possibile) dovremmo fare in modo di dare anche «forza» agli anni. A 120 anni si può vivere bene, in salute, se la prevenzione divenisse la parola d’ordine. E se, come facevano i cinesi quattromila anni fa, i medici fossero pagati solo se la gente sta bene.<br /><br />Intanto, nei laboratori di tutto il mondo si studiano i <strong>geni di longevità</strong>, e il modo di tenerli attivi. Sempre nell'Impero Celeste, il fungo reishi (o dell'immortalità) e le sue spore mantenevano «giovani» i cinesi ricchi (non i poveri perché quel fungo, oggi coltivabile, era allora rarissimo e prezioso). Che cos'è reishi? Un potente anti infiammatorio e stimolante delle difese corporee, uno scudo anti-radicali liberi. Ecco. I ricercatori dell'epoca del genoma hanno individuato nei «motori» delle cellule, i mitocondri, la chiave per non invecchiare. Cioè tenere i mitocondri sempre «puliti» e attivi. Dagli Stati Uniti si propone, per esempio, il <strong>coenzima Q10</strong> per mantenere «giovani» questi motori. O l'acido alfa-lipoico, potente «spazzino» dei radicali liberi che proprio i mitocondri producono come scarto della loro attività. Ma è tutto ancora da verificare sull’uomo.<br /><br />Di certo il <strong>movimento</strong> ha un'azione analoga: la pressione si abbassa, il cuore funziona meglio, le arterie restano elastiche, le ossa attirano calcio (e non invecchiano: osteoporosi), le articolazioni stimolano nuova cartilagine (artrite, artrosi & Company tenute a distanza), il sistema immunitario (le difese) si equilibra.<br /><br />I molti centenari studiati per scoprirne i segreti di longevità hanno in comune, per esempio, una <strong>pressione del sangue mediamente bassa</strong>. O, comunque, normale.<br />Uno studio del «</span></span><a title="Mario Negri - Istituto di Ricerche Farmacologiche" href="http://www.marionegri.it/" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Mario Negri</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;">» di Bergamo, pubblicato sul </span><a title="The Journal of Clinical Investigation" href="http://www.jci.org/" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Journal of Clinical Investigation</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;">, ha scoperto un legame fra l’ormone angiotensina II e la durata della vita. Questo ormone bloccherebbe, infatti, l’azione di Nampt e Sirtuina 3, due <strong>geni della longevità</strong>. L’angiotensina II regola normalmente il tono dei vasi sanguigni e quindi la pressione arteriosa. Se si blocca l’angiotensina si vive di più. Nei topi così è stato. Un terzo di vita in più. «Anche se - ripete <strong>Luca Deiana</strong>, coordinatore del <strong>progetto AKeA</strong> (A Kent’Annos, ossia "a cent’anni") - tra i centenari della Sardegna che stiamo studiando c'è chi a 112 anni ha sempre avuto la pressione normale e chi, a 105, ha sempre avuto la pressione alta». Tutti però hanno sempre «brillato» per <strong>vita moderata</strong> e <strong>attività fisica quotidiana</strong>.<br />Quindi, nell’attesa di pillole più o meno miracolose, basterebbe <strong>correggere gli stili di vita</strong>. «Seguire alcune semplici regole può aiutare le persone a vivere meglio e quindi anche ad affrontare la vecchiaia in salute e sicurezza», conferma <strong>Stefano Respizzi</strong>, responsabile del </span><a title="Dipartimento di riabilitazione e recupero funzionale" href="http://www.humanitas.it/cms/specialita_cliniche/aree_mediche/riabilitazione" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Dipartimento di riabilitazione e recupero funzionale</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;"> dell'</span><a title="Istituto Clinico Humanitas" href="http://www.humanitas.it/cms/" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Istituto Clinico Humanitas</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;"> di Rozzano (Milano). La sua pillola? «L'<strong>esercizio fisico</strong>, meglio se effettuato <strong>almeno 3 volte a settimana</strong>, è una vera a propria medicina, a qualsiasi età. <em><strong>Exercise is medicine</strong></em>, come dicono gli anglosassoni. Studi scientifici ne dimostrano la correlazione con il benessere e la diminuzione della mortalità», risponde. E la posologia? «Fare <strong>10.000 passi (5 chilometri) tre volte la settimana</strong>».<br />E poi? Altri consigli: <strong>giocare con console e videogiochi di ultima generazione</strong>; riscoprire la propria <strong>corporeità</strong>; essere <strong>impegnati nel sociale</strong>; <strong>evitare l’abuso di farmaci</strong>, in particolare antidepressivi o sonniferi; <strong>vivere all’aria aperta</strong>; <strong>evitare escursioni termiche eccessive</strong>.</span></div><p align="justify"><span style="font-family:arial;"><span style="font-size:130%;"><strong>Patricia Boyle</strong>, del </span></span><a title="Rush University Medical Center" href="http://www.rush.edu/" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Rush University Medical Center</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;"> (Chicago), ha pure lei un consiglio: «Le persone che hanno molti scopi nella vita, che sono <strong>ricche di progetti</strong> da perseguire, hanno un rischio di ammalarsi di <strong>Alzheimer</strong> della metà più basso di coetanei meno attivi, con meno interessi e minore grado di coinvolgimento in esperienze di vita». Un suo </span><a title="Effect of a Purpose in Life on Risk of Incident Alzheimer Disease and Mild Cognitive Impairment in Community-Dwelling Older Persons" href="http://archpsyc.ama-assn.org/cgi/content/abstract/67/3/304?maxtoshow=&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=Patricia+Boyle&searchid=1&FIRSTINDEX=0&resourcetype=HWCIT" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">studio</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;"> su quasi mille anziani, pubblicato sulla rivista </span><a title="Archives of General Psychiatry" href="http://archpsyc.ama-assn.org/" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Archives of General Psychiatry</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;">, porta a queste conclusioni.<br /><br />Insomma, <strong>sentirsi sempre giovani è l’elisir di lunga vita</strong>.</span></p>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-3573277786638345782010-03-07T17:12:00.043+01:002014-10-10T22:38:39.872+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - SOVRAPPESO E OBESITÀ INFANTILE<div align="justify">
<span style="font-family: arial;"><em><strong></strong></em></span><br />
<blockquote>
<span style="font-family: arial;"><em><strong><span style="font-family: arial;"><em><strong></strong></em></span></strong></em></span></blockquote>
<span style="font-family: arial;"><em><strong><br /><blockquote>
<span style="font-family: arial;"><em><strong><span style="font-size: 130%;">I risultati dell'indagine campionaria svolta dal progetto europeo </span></strong></em><a href="http://www.periscopeproject.eu/" target="_blank" title="Pilot European Regional Interventions for Smart Childhood Obesity Prevention in Early Age"><em><strong><span style="font-size: 130%;">PERISCOPE</span></strong></em></a><em><strong><span style="font-size: 130%;"> in Italia, Danimarca e Polonia: in Italia la maggiore prevalenza di sovrappeso e obesità infantile.</span></strong></em></span></blockquote>
</strong></em></span></div>
<div align="justify">
<span style="font-family: arial; font-size: 130%;"></span></div>
<div align="justify">
<span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Ammonta a 12,9% il tasso di <strong>sovrappeso</strong> e a 4,6% quello di <strong>obesità infantile</strong> nei paesi oggetto dell'indagine e degli interventi del progetto </span><a href="http://www.periscopeproject.eu/" target="_blank" title="Periscope Project"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">PERISCOPE</span></a><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">: <strong>Italia</strong>, <strong>Danimarca</strong> e <strong>Polonia</strong>. </span><span style="font-family: arial; font-size: 130%;"><br />In particolare, è l'<strong>Italia</strong> a mostrare la maggiore prevalenza di <strong>sovrappeso</strong> e <strong>obesità</strong>: 21,2%. Colpa soprattutto della scarsa attività fisica e delle troppe ore passate davanti alla tv.<br /><br />È quanto emerge dall'indagine campionaria svolta dal progetto europeo </span><a href="http://www.periscopeproject.eu/" target="_blank" title="Pilot European Regional Interventions for Smart Childhood Obesity Prevention in Early Age"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">PERISCOPE</span></a><span style="font-family: arial; font-size: 130%;"> sul tema dell'alimentazione infantile in <strong>Europa</strong>.</span><a href="http://www.periscopeproject.eu/" target="_blank" title="Periscope Project"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">PERISCOPE</span></a><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: 130%;"> coinvolge, oltre l'Italia, anche altri due paesi in <strong>Europa</strong>: la <strong>Danimarca</strong> e la <strong>Polonia</strong>.<br />Partner capofila del progetto è il <a href="http://www.difesadelcittadino.it/" target="_blank" title="Movimento Difesa del Cittadino">Movimento Difesa del Cittadino</a>. </span></span><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Altri partner sono la </span><a href="http://www.asl.brindisi.it/" target="_blank" title="Azienda Sanitaria Locale Brindisi"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Asl di Brindisi</span></a><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">, il </span><a href="http://www.movimentoconsumatori.it/" target="_blank" title="Movimento Consumatori"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Movimento Consumatori</span></a><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">, l'</span><a href="http://en.aau.dk/" target="_blank" title="Movimento Difesa del Cittadino"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Università danese di Aalborg</span></a><span style="font-family: arial; font-size: 130%;"> e l'</span><a href="http://sum.edu.pl/" target="_blank" title="Medical University of Silesia"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Università polacca di medicina della Silesia</span></a><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">. </span><span style="font-family: arial; font-size: 130%;"><br />La coordinatrice scientifica è la dottoressa <strong>Margherita Caroli</strong>: pediatra presso la </span><a href="http://www.asl.brindisi.it/" target="_blank" title="Azienda Sanitaria Locale Brindisi"><span style="font-family: arial; font-size: 130%;">Asl di Brindisi</span></a><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: 130%;"> e presidente </span><a href="http://www.ecog-obesity.eu/" target="_blank" title="European Childhood Obesity Group"><span style="font-size: 130%;">ECOG</span></a><span style="font-size: 130%;">, esperta per la nutrizione in età pediatrica per la </span><a href="http://ec.europa.eu/health/index_en.htm" target="_blank" title="Direzione generale della salute e della tutela del consumatore"><span style="font-size: 130%;">DG SANCO</span></a><span style="font-size: 130%;"> e la </span><a href="http://ec.europa.eu/research/index.cfm?lg=it" target="_blank" title="Direzione generale della ricerca"><span style="font-size: 130%;">DG RESEARCH</span></a><span style="font-size: 130%;"> dell'Unione europea. </span></span><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: 130%;"><br />Il progetto è cofinanziato dalla </span><a href="http://ec.europa.eu/eahc/" target="_blank" title="Executive Agency for Health and Consumers"><span style="font-size: 130%;">EAHC</span></a><span style="font-size: 130%;">.<br /><br />La ricerca ha riguardato un campione di circa <strong>1200 bambini</strong> in età compresa<strong> tra i 3 e i 6 anni</strong> negli asili dei tre paesi. L'indagine ha esaminato gli stili di vita dei bambini e delle loro famiglie, il livello di attività fisica praticato e il ruolo degli asili nelle abitudini alimentari dei bambini.<br /><br />In tema di <strong>abitudini alimentari</strong> sono i bambini <strong>italiani</strong> i più indisciplinati: mangiano meno frutta e verdura rispetto ai coetanei danesi e polacchi. In particolare, il 27,5% del campione non mangia mai verdura cruda e il 40% non consuma mai verdura cotta. I migliori sono invece i <strong>danesi</strong>, considerando che circa il 70% consuma frutta almeno una volta al giorno e che il 65% preferisce la verdura cruda da una a più volte al giorno.<br /><br />Gli <strong>italiani</strong> sono anche i bambini che si muovono di meno. Il 50% di loro, secondo quanto dichiarato dai genitori, non può <strong>giocare all’aperto</strong>, contro l'1% dei <strong>danesi</strong> e <strong>polacchi</strong> nonostante siano in paesi dove il clima è meno favorevole. È questo uno dei risultati più “scioccanti” dell’indagine. In particolare, ben l'11% dei bambini <strong>italiani</strong> non è autorizzato a giocare “mai” all’aperto rispetto allo 0% dei coetanei <strong>danesi</strong> e <strong>polacchi</strong>. Colpa della mancanza, in <strong>Italia</strong>, di aree verdi attrezzate e delle strade troppo trafficate. </span></span><span style="font-family: arial; font-size: 130%;"><br />Per quanto riguarda la pratica dello <strong>sport</strong>, sono i bambini <strong>danesi</strong> i più attivi: 53,5%. I più inattivi sono invece gli <strong>italiani</strong>: 18,2%.<br /><br />Dati migliori emergono per quanto riguarda le <strong>cattive abitudini</strong>, come la prolungata sedentarietà davanti la <strong>televisione</strong>. Solo il 3% dei bambini <strong>danesi</strong> passa più di due ore al giorno davanti la tv. Un dato positivo, perché vedere la televisione per un tempo superiore alle due ore aumenta la probabilità di sviluppare <strong>obesità infantile</strong>. Seguono i <strong>polacchi</strong> con il 12,2% e gli <strong>italiani</strong> con il 13,2%. </span><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: 130%;"><br />Durante il fine settimana la percentuale di coloro che passano oltre due ore davanti il piccolo schermo aumenta: sono i bambini <strong>polacchi</strong> a sperimentare il comportamento meno salutare con una percentuale del 41%, seguiti dagli <strong>italiani</strong> (25%) e dai <strong>danesi</strong> (22,7%).<br /><br />Al centro della ricerca il ruolo degli <strong>asili</strong>: al fine di individuare l’importanza delle strutture per la promozione di uno <strong>stile di vita </strong>sano ai bambini, </span><a href="http://www.periscopeproject.eu/" target="_blank" title="Periscope Project"><span style="font-size: 130%;">PERISCOPE</span></a><span style="font-size: 130%;"> ha analizzato il livello di gradimento da parte del campione. Alla domanda “A tuo figlio piace andare all'asilo?”, la quasi totalità degli intervistati nei tre paesi ha risposto positivamente (circa il 90% in media). Solo i genitori dei bambini <strong>polacchi</strong> hanno risposto negativamente in una percentuale rilevante: 16,7%. Il risultato globale, comunque, conferma che gli asili rappresentano un ambiente positivo per trasferire alle famiglie corretti stili di vita.<br />Sono i bambini <strong>italiani</strong> i più <strong>sedentari</strong> nel raggiungere l'asilo: sebbene la distanza dalla loro casa sia meno di un chilometro, le famiglie <strong>italiane</strong> utilizzano l'auto molto più delle altre in <strong>Danimarca</strong> e <strong>Polonia</strong>. Si tratta di un dato interessante, in quanto le città <strong>italiane</strong> in cui </span><a href="http://www.periscopeproject.eu/" target="_blank" title="Periscope Project"><span style="font-size: 130%;">PERISCOPE</span></a><span style="font-size: 130%;"> ha operato sono piccole e il clima è molto più mite rispetto ai centri oggetto degli interventi negli altri due paesi.</span></span></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-41838052887056985132009-11-25T23:17:00.005+01:002009-11-25T23:53:12.259+01:00FRUTTA & VERDURA, IL PREMIATO DUO CHE METTE L'INFLUENZA KO<div align="justify"><strong><em>Dai peperoni al ribes, dai cavolfiori al kiwi, dal radicchio alle arance e alle banane, ecco come sfidare i virus con un'efficace prevenzione a base di macedonia fatta in casa.</em></strong><br /><br />“Proprio con l'alimentazione”, spiega <strong>Fabio Firenzuoli</strong>, direttore del <a title="Centro di Medicina Naturale di Empoli" href="http://servizi.usl11.tos.it/fito_idx_it.php" target="_blank">Centro di Medicina Naturale di Empoli</a> e presidente dell’<a title="Associazione nazionale dei medici fitoterapeuti" href="http://servizi.usl11.tos.it/f_fito9.html" target="_blank">Associazione nazionale dei medici fitoterapeuti</a>, “possiamo sfidare i ricorrenti virus influenzali assumendo tutta una serie di sostanze utilissime per proteggere il nostro organismo dalla malattia. Non ci sono né rischi, né controindicazioni. Ci sono semmai delle raccomandazioni: sani e ammalati, bambini e anziani, adulti e donne in gravidanza, senza limitazioni di sorta, dovremmo tutti assumere frutta e verdura fresca e di stagione”.<br /><br />Tre gli accorgimenti suggeriti da <strong>Firenzuoli </strong>e tutti semplici: mangiare 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura; rispettare il principio dei 5 gruppi di colore principali (giallo, rosso, bianco, verde e viola/nero); preferire insalate miste sia di frutta che di verdura ricca in vitamina C, minerali e oligoelementi.<br /><br />I perché di questo ricettario sono presto detti. Le 5 porzioni servono a fornire all’organismo sufficienti sostanze utili. I colori rivelano la presenza di sostanze attive necessarie per mantenere fluide le secrezioni, per esercitare un'attività antiossidante e quindi il perfetto funzionamento del sistema immunitario. Le insalate miste fresche e di stagione sono infine l'unico modo per assicurarci tutti i giorni il vasto menù delle sostanze indispensabili.<br /><br />Ecco dunque due pratici esempi firmati <strong>Firenzuoli</strong>.<br /><strong></strong></div><div align="justify"><strong>Insalata mista di peperoni:</strong> una fetta di peperone giallo, verde e rosso), cavolfiore e radicchio, rosso, meglio se in pinzimonio, con olio extravergine di oliva, sia a pranzo che a cena.<br />Questa ricetta assicura il massimo di vitamina C assimilabile con l'alimentazione. Il peperone è in fatti l’ortaggio in assoluto più ricco di acido ascorbico, ma ci fornisce anche antociani, carotenoidi, flavonoidi, isotiocianati e clorofilla, che rappresentano i pigmenti indispensabili per sostenere le nostre cellule<br /></div><div align="justify">Quanto all’<strong>insalata di frutta</strong>, la macedonia deve contenere uva nera, ribes rosso, kiwi, banana e arance. Questo cocktail è in grado di darci il massimo di vitamina C e al tempo stesso acido ellagico e resveratrolo dalle documentate attività antivirali<br /><br />Ci sono purtroppo anche persone che non tollerano frutta e verdura o che non possono assumerla per vari motivi. Per loro <strong>Firenzuoli </strong>consiglia un'alimentazione integrata con estratti di Rosa canina che fornisce vitamina C naturale in associazione sinergica con i carotenoidi, che la rendono più potente.<br /><br />Infine, per quanti hanno necessità di aumentare le difese immunitarie c’è il grande aiuto di una pianta cinese, l'Astragalo (Astragalus membranaceus) di cui utilizziamo estratti ottenuti dalla radici, reperibile anche in integratori e utilizzabile anche in farmaci vegetali. </div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-86511647308244323232009-10-27T17:47:00.007+01:002009-10-28T23:00:13.256+01:00ASMA BRONCHIALE<div align="justify">L'asma bronchiale in Italia è raddoppiata, passando dal 4-5% al 10-11% della popolazione. Due studi in particolare confermano questa tendenza, esaminando due gruppi di soggetti completamente diversi tra di loro: un ampio gruppo di bambini e la squadra olimpica italiana. </div><div align="justify"></div><div align="justify">Lo studio <strong><a title="The International Study of Asthma and Allergies in Childhood" href="http://isaac.auckland.ac.nz/" target="_blank">ISAAC</a></strong> ha analizzato un gruppo di bambini per circa cinque anni, dimostrando come la prevalenza dell'asma sia passata dal 6% al 12-13%.<br /><br />I dati che colpiscono sono però quelli relativi allo studio compiuto sui 1500 atleti olimpici che hanno partecipato alle ultime due edizioni delle Olimpiadi, Sidney 2004 e Pechino 2008. Secondo gli esperti, questi soggetti, che in realtà dovrebbero non avere problemi di salute, oltre a raddoppiare il fattore asma bronchiale (dall'8% al 15%) hanno subito un aumento di patologie allergiche dal 15% al 28%. Malattia che non pregiudica affatto la carriera sportiva di un atleta di alto livello: si pensi solo all'esempio della nuotatrice italiana Federica Pellegrini ed ai traguardi che sta raggiungendo convivendo con l'asma.<br /><br />Ma quali sono le vere cause di questo aumento esponenziale dell'asma? “Non c'è una sola causa – spiega <strong>Sergio Bonini</strong>, clinico di medicina interna alla II Università di Napoli – ma un insieme di stili di vita a cui è collegata una decisa e continua diminuzione delle malattie infettive. Il sistema immunitario ha due meccanismi di difesa che noi chiamiamo TH1 (per le infezioni) e TH2 (per la risposta allergica). <strong>In pratica, la nostra minor necessità di difenderci da batteri ed infezioni ha portato il sistema immunitario ad uno squilibrio tra TH1 e TH2, con il risultato di concentrarsi spesso su sostanze innocue dando forti reazioni allergiche e asma.</strong> In questo campo pensiamo che il futuro della medicina sia quello di creare farmaci che possano riequilibrare il nostro sistema immunitario.”<br /><br /><strong>Asma bronchiale: un riscontro di ceto sociale.</strong> Alcuni dati raccolti dai medici evidenziano come nella possibilità di contrarre l'asma giochi un ruolo anche lo stato sociale. I figli di persone laureate hanno prevalenza di asma più alta rispetto a quelli di genitori con livello di istruzione più basso. I figli unici hanno in genere una maggiore probabilità (fino a due volte) di sviluppare asma bronchiale. Il primogenito ha sempre una maggiore probabilità di sviluppare asma rispetto ai fratelli minori. Riprendendo il discorso, per <strong>Bonini</strong> sono le condizioni e la qualità di vita più alta a determinare una maggiore protezione dalle malattie infettive a discapito di un aumento dell'incidenza di asma, mentre al contrario famiglie meno abbienti e con più figli hanno più probabilità di trasmettersi infezioni e questo paradossalmente costituisce uno scudo contro l'asma bronchiale.<br /><br /><strong>Asma ed inquinamento.</strong> A Londra 60 persone sono state arruolate per svolgere attività fisica lungo la trafficata Oxford Street e in Hyde Park Corner. I risultati di questo esperimento hanno dimostrato come esista una correlazione diretta tra inquinamento ed attacchi d'asma. Si è visto infatti molto chiaramente come gli “sportivi” immersi nello smog abbiano accusato i fumi di scarico molto più di quelli che hanno fatto sport nel pur vicinissimo, ma verde, Hyde Park. “L'inquinamento ha sicuramente un effetto scatenante sui sintomi, ma non giustifica l'aumento di patologia – conclude <strong>Bonini</strong> –. Ne è una dimostrazione la comparazione tra i dati di oggi e quelli raccolti in Germania Est e Ovest prima del 1989. Si è notato infatti, in maniera marcata, come nell'area dell'ex Germania Est al calare dei fattori inquinanti, prima altissimi, non solo non abbia coinciso una rapida discesa delle malattie respiratorie e dell'asma, ma anzi queste siano oggi aumentate in modo considerevole”. </div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-11084098402019736822009-07-30T11:04:00.003+02:002009-07-30T11:18:21.515+02:00ALZHEIMER, BLU DI METILENE PER PROTEGGERE LA MEMORIA<div align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#000000;"><div style="text-align: justify;">Prevenire l'<span style="font-weight:bold;">Alzheimer</span> non è facile. Prima regola: tenere il cervello sempre in allenamento. L'età però gioca brutti scherzi e l'allungarsi della vita media aumenta i casi. Una soluzione è rallentare il peggioramento. Uno dei sintomi è il declino della memoria e i farmaci che rallentano questa situazione sono tra i più gettonati. Anche perché il morbo è una delle emergenze socio-sanitarie planetarie.<br />Ventisette milioni i malati in tutto il mondo, soprattutto in quei Paesi dove gli ultra-ottantenni sono in continuo aumento, come l'Italia dove i malati toccano il milione: 905.713, secondo l'ultimo rapporto europeo sulla demenza. Età compresa tra i 30 e i 99 anni. Previsti 47 milioni di malati nel 2020, 90 milioni nel 2040. E ogni anno un malato di Alzheimer costa alla famiglia e alla collettività 60.900 euro.<br />Il 32,7 per cento dei malati è assistito da badanti straniere. La maggioranza (86%) viene curata in casa. Di fronte a tali numeri, miliardi di euro sono investiti nella ricerca della cura o comunque di soluzioni che rallentino la malattia.<br /><br />La sorpresa, negli Stati Uniti, è stata quella di scoprire l'efficacia di un vecchio colorante e farmaco: il blu di metilene. Usato in laboratorio per colorare cellule e tessuti, in medicina per curare afte e cistiti (conseguenza la pipì blu), in cucina per creare piatti colorati... e, in chiave terroristica. Come, qualche anno fa, i pompelmi iniettati di blu per boicottare i prodotti di Israele.<br />Per caso, ricercatori scozzesi (e questo è stato subito recepito negli Stati Uniti) hanno visto che il blu di metilene, assunto per bocca, rallenta il declino della memoria nei malati di Alzheimer. Uno studio di fase III sui pazienti è attualmente in corso nell'università di Aberdeen in Scozia. Lo conduce Claude Wischik. Dopo 24 mesi di cura (60 milligrammi tre volte al giorno) pazienti affetti da Alzheimer moderato hanno avuto un rallentamento del declino della memoria maggiore rispetto ai pazienti che assumevano un farmaco approvato per lo stesso tipo di effetto. «In più - spiega Wischik - il blu di metilene sembra opporsi all'accumulo delle placche amiloidi». Placche che sono la causa dell'«intossicazione» del cervello.<br />Gli americani stanno studiando dosi più basse (10-15 milligrammi tre volte al giorno) perché il blu verrebbe assorbito meglio.<br /><br />Stessa strada quella intrapresa per l'altra grande malattia neurodegenerativa: il <span style="font-weight:bold;">Parkinson</span>. «Adagio» è lo studio che ha dimostrato che la progressione del morbo è rallentabile se si prende precocemente un certo farmaco. A parte il tremito incontrollabile, c'è la progressiva perdita di lucidità e memoria (nel 30-40 per cento dei colpiti dopo 10-12 anni di malattia). «I risultati di Adagio indicano che i pazienti trattati precocemente con un milligrammo di rasagilina al giorno - spiega Fabrizio Stocchi, direttore del Centro per il morbo di Parkinson del San Raffaele di Roma - hanno una gravità di sintomi minore dei pazienti che hanno iniziato il trattamento 9 mesi più tardi». Lo studio ha riguardato 1.176 pazienti, metà dei quali all'inizio trattati con placebo (sostanza priva di efficacia). Dopo 9 mesi, visti i risultati, tutti hanno preso il farmaco (scelta etica). Una buona notizia per quel 3 per mille della popolazione generale e per quell'uno per cento degli over 65 che vengono colpiti ogni anno dal morbo. Attualmente, sono circa 300 mila i parkinsoniani italiani. E per uno su quattro la scoperta del male avviene prima dei 50 anni.</span></div></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-67924965134289035672009-07-30T09:07:00.025+02:002009-07-30T10:25:23.800+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - FARMACI DAL VULCANO<div align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#000000;">Le </span><span style="font-size:130%;color:#000000;"><b><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;">zeoliti clinoptiloliti</span></b></span><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#000000;"> (minerali vulcanici), sono state classificate in Europa come segue (fonte <a href="http://www.gmdnagency.org/" title="Global Medical Device Nomenclature" target="_blank">GMDN</a>):<br /><br /><i>sostanze ad uso orale adatte ad assorbire / chelare e rimuovere sostanze dannose e tossiche nel tratto gastro-intestinale (es. metalli pesanti, nitrosamine, ammonio, micotossine, cationi (radioattivi), pesticidi) riducendone l'assorbimento nel corpo. Possono anche funzionare come anti-ossidanti catturando radicali liberi e riducendo la formazione di ROS (reactive oxygen species).<br />È tipicamente una zeolite attivata disponibile in polvere, capsule, compresse. La sostanza è classificata come dispositivo per la sua azione puramente fisica nel tratto gastro-intestinale e risulta sinergica ad ogni tipo di protocollo; compatibile pressoché con tutti i farmaci poiché non entra in circolo.</i><br /><br />Le linee di prodotti a base di zeolite sono già disponibili in farmacia con il nome <a href="http://www.ecobiopharma.com/html/elenco_prodotti.html" title="PANACEO" target="_blank"> <span style="font-weight:bold;">PANACEO</span></a> (visibile in <a href="http://www.farmadati.it/" title="Farmadati" target="_blank">Farmadati</a> e distribuiti anche da <a href="http://www.viprof.it/" title="Viprof" target="_blank">Viprof</a> e altri). La produzione è austriaca e secondo standard ISO per Dispositivi.<br /><br />I prodotti sono divisi in linee tra cui:<br /><ul><li>la linea <span style="font-weight:bold;">Panaceo Med</span>: per forti stati di stress fisico, convalescenza, uso di farmaci e adiuvazione di radio e chemio terapia (PANACEO MED 180 capsule e 100 gr polvere)</li><br /><li>la linea <span style="font-weight:bold;">Panaceo basic</span>: per la detossicazione – detossinazione e apporto di magnesio e calcio – dolomite- (PANACEO BASIC 180 capsule, PANACEO BASIC 100 gr polvere).</li></ul><br />Bibliografia: <a title="Nuove frontiere nella rigenerazione dell’omeostasi dell’organismo" target="_blank" href="http://pdfmenot.com/view/http://pdfmenot.com/store_local/c86be9ab69af4863c58e03e342a6ce8e.pdf">Nuove frontiere nella rigenerazione dell’omeostasi dell’organismo</a><br /><br /></span></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-70004876788815991702009-07-25T23:45:00.007+02:002009-07-26T00:30:48.103+02:00I CIBI CHE RALLENTANO L'INVECCHIAMENTO<div align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;"><span class="Apple-style-span" style="font-family:georgia;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">I fumatori dovrebbero stare attenti a mangiare troppe carote, chi assume le statine per tenere bassi i livelli di colesterolo dovrebbe abbassare le dosi del farmaco se beve abitualmente tè verde. Lo stesso succede con il pompelmo, che interferisce in modo diverso con alcune statine, aumenta la persistenza nel sangue dei farmaci per l'impotenza, interferisce con una trentina di molecole diverse (dagli antivirali agli antidepressivi).<br />Ma meglio ancora è sapere quali cibi prevengono molte patologie, e l'invecchiamento di cellule e organi. Le scoperte al riguardo non vengono né dalla medicina tradizionale, né dall'erboristeria più sofisticata. E nemmeno da chef salutisti. A consigliare i nuovi menù sono superlaboratori di ricerca biomedica. Da 10-15 anni, in particolare dal 2000, a dettare legge per menù protettivi e antietà sono discipline quali la nutrigenetica, la nutriceutica, la cibo-farmaceutica... Essere ciò che si mangia trova una nuova collocazione nella filosofia scientifica perché un cibo, una vitamina, un pigmento alimentare interferisce con il Dna, con il patrimonio genetico, con i mitocondri fonte dell'energia cellulare, con i vari «spazzini» dell'organismo, con le difese nei confronti di virus e batteri, con la produzione di ormoni e neuro-ormoni, con i meccanismi del dolore e con quelli riparatori. O rigeneratori. Ed ecco che non sorprende trovare studi su vitamine e cibi negli abstracts scientifici di importanti congressi internazionali come l'ultimo Asco di oncologia, come l'Ada sul diabete o il prossimo Esc di cardiologia. La prevenzione attraverso ciò che si mangia. Non a caso i detentori di brevetti sui probiotici (Yakult, Danone, Nestlé) stanno investendo milioni di euro in ricerche che dimostrino come, in base al tipo e in base alla quantità, i lactobacilli (o probiotici) possano addirittura agire sull'attività neuronale «attraverso il sistema immunitario e il "secondo cervello" che è praticamente a livello gastrointestinale», spiega Lucio Capurso, big internazionale della gastroenterologia. Un lavoro scientifico è anche stato firmato in questi giorni dall'autorevole Mayo Clinic di Rochester sull'effetto benefico dei probiotici: i «batteri buoni», li chiamano i gastroenterologi della Mayo.<br />È l'era della genetica applicata alla nutrizione. Ognuno di noi è unico e ciò è dovuto ai nostri geni. Le differenze da individuo a individuo si manifestano sia esteriormente nel nostro aspetto fisico, come il colore dei capelli e degli occhi, sia internamente, ad esempio nella diversa capacità di metabolizzare i nutrienti o eliminare le tossine. E in ciascun gene vi sono punti di variazione: l'insieme di queste piccole variazioni (mutazioni) definisce la nostra individualità. «Conoscendo meglio l'effetto che i nutrienti hanno sulla nostra particolare costituzione genetica, possiamo esercitare un controllo più effettivo sulla qualità e le nostre aspettative di vita», dice Pier Giuseppe Pelicci, direttore dell'oncologia sperimentale dello Ieo di Milano. Le aziende biotech rispondono mettendo a punto i primi test genetici per «guidare» la nostra dieta. Uno è quello proposto da Eurogene. Il direttore scientifico, Keith Grimaldi, spiega: «È stato selezionato un gruppo di geni che determinano il modo in cui un individuo reagisce a certi nutrienti essenziali». A ognuno il suo menù.<br />Gli studi in oncologia portano a sorprendenti novità di prevenzione: i betacarotenoidi funzionano come scudo, ma i fumatori rischierebbero di più un tumore al polmone. Se Bugs Bunny, il celebre coniglio dei cartoon, fumasse dovrebbe limitare la sua passione. È invece appurato, ricerca dell'università di Newcastle (Gran Bretagna), che le carote sono più efficaci se cotte intere: contengono il 25% di falcarinolo (un anticancro) in più di quelle tagliate prima della cottura. Un altro studio, condotto dalla Washington University Medical School di St. Louis in collaborazione con l'Università Campus Bio-Medico di Roma, ha svelato che l'80% delle donne sottoposte a intervento di rimozione del cancro della mammella era carente di </span></span><a href="http://sites.google.com/site/allungatilavita/Home/vitaminaD" target="_blank" title="vitamina D"><span class="Apple-style-span" style="font-family:georgia;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">vitamina D</span></span></a><span class="Apple-style-span" style="font-family:georgia;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">. Una categoria di nuovi farmaci antinfiammatori e antitumorali derivati dai triterpenoidi naturali, molecole simili agli oli essenziali delle bucce d' arancia, potrebbe costituire una risorsa terapeutica o preventiva per la popolazione maschile a rischio di sviluppare il tumore prostatico. La scoperta, pubblicata da Cancer Research, è dell'équipe guidata da Adriana Albini, MultiMedica di Milano, e da Francesca Tosetti, Ist di Genova.<br />Dalle ricerche in campo cardiovascolare, invece, arrivano novità sul tè verde e i cosiddetti «grassi benefici» omega-3 e omega-6. A Milano, il centro cardiologico Monzino e il Dipartimento di farmacologia dell'Università degli studi hanno avviato ricerche cliniche di prevenzione coordinate dalla responsabile della ricerca del Monzino, la farmacologa Elena Tremoli. A parte il patrimonio genetico, il tè verde mantiene alti i livelli nel sangue di statine per abbassare il colesterolo. Quindi uno studio verificherà quanto già avviene in Giappone, dove le statine vengono prescritte a metà dose agli amanti di questa bevanda, ricca di benefici antiossidanti.<br />Le novità sugli acidi grassi sono molto importanti. Intanto un test, da una goccia di sangue, può misurare gli acidi grassi in una persona. Poi l'effetto pesce (omega-3) potrebbe risultare più efficace dei farmaci nel tenere bassi trigliceridi e colesterolo (i grassi cattivi circolanti nel sangue). Quindi tè verde e tonno? «Meglio lo sgombro, è il più ricco in omega-3», risponde la Tremoli. O il classico olio di fegato di merluzzo. La dose? Circa 850 milligrammi al giorno di omega-3 (dose protettiva più bassa). Tre, quattro grammi al giorno abbassano i trigliceridi. Insomma sgombro tre volte alla settimana, ma per variare anche salmone, tonno o trota. Non solo, vi sono anche effetti neuroprotettivi (Alzheimer e Parkinson) e antinfiammatori (artrite reumatoide, asma, ecc.).<br />In sintesi, vi sono gruppi di cibi con il «potere» di aiutare a perdere peso e riportare indietro il tempo. A partire da ortaggi, frutta e verdura. Riempire il piatto con frutta e verdura è utile per perdere peso - contengono poche calorie, molti nutrienti e danno senso di sazietà - e gli ultimi studi mostrano che alcuni di loro procurano sorprendenti benefici antinvecchiamento. Si dice che i mirtilli, per esempio, abbiano la capacità di migliorare la memoria. Ma i frutti di bosco di tutti i colori sono ricchi di antiossidanti, come ha dimostrato Navindra P. Seeram, ricercatore dell'Università di Rhode Island a Kingston. Combattono i radicali liberi, molecole che possono causare un esteso danno delle cellule e sono collegate all'infiammazione cronica. Quella che contribuisce all'invecchiamento e che si pensa sia alla base di molte malattie: cancro, malattie del cuore, diabete, Alzheimer, artrite, e osteoporosi. I frutti di bosco sono poi stracolmi di vitamina C, un altro potente antiossidante antirughe. Per mantenere l'acutezza visiva, indirizzarsi su spinaci e altre verdure a foglia verde scuro: luteina e zeaxantina sono pigmenti che proteggono gli occhi dagli effetti dannosi della luce ultravioletta, a cominciare dalla cataratta. Frutta e ortaggi rossi: stesse proprietà antiaging e proteggicancro. Le proteine sono una componente chiave della dieta e diventano ancora più importanti a partire dai 40 anni, quando la massa muscolare comincia a diminuire fino all'1% all'anno. Questo calo rallenta il metabolismo, facendo in modo che i chili in più si accumulino facilmente. Quindi per mantenere il metabolismo, le proteine sono fondamentali. Così come i minerali (calcio, fosforo, e potassio) di cui sono ricchi yogurt e latticini: aiutano anche a mantenere corretta la pressione del sangue e le ossa robuste. Tra le spezie: cumino e ginger sono antinvecchiamento, peperoncino e wasabi innalzano la soglia del dolore, l'aglio è una vera superpillola (antinfiammatoria, antibiotica, anti-impotenza, salvacuore, abbassa pressione). Insomma spaghetti aglio, olio e peperoncino sono un toccasana. Con l'olio ricco in vitamina E. Meglio se non cotto.<br />Del vino rosso si sa: il resveratrolo che contiene è un potente antiossidante, regolatore dell'infiammazione e protettivo delle arterie. In più, la ricerca sugli animali suggerisce che alte quantità di resveratrolo possono contrastare la morte delle cellule nel cuore e nel cervello. Il limite è di uno, due, bicchieri al giorno. Se non si beve vino, c' è il caffè: riduce il rischio di diabete tipo 2, Parkinson e Alzheimer. E protegge il cuore. Così come il tè, che inoltre rinforza il sistema immunitario, protegge lo smalto dei denti, combatte la perdita di memoria associata con l'invecchiamento.<br />Due segreti antietà: cioccolato fondente e frutta secca. I flavanoidi del cacao, in particolare, possono ridurre l'infiammazione, mantenere corretta la pressione del sangue, prevenire la coagulazione delle piastrine e stimolare la potenza cerebrale. Inoltre, il cacao migliora l'umore, attenua la sindrome premestruale, aiuta le performances sessuali e attenua i mal di testa.</span></span><br /></span></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-450638684400668302009-07-18T15:57:00.005+02:002009-07-18T21:47:17.904+02:00IL FUTURO DEI TRATTAMENTI ANTINVECCHIAMENTO PER PELLE E CAPELLI<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">Obiettivi L'Oréal</span></span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">tra 1-3 anni: nuovi trattamenti per la prevenzione dell'invecchiamento della pelle e della perdita di capelli</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">tra 3-5 anni: nuovi trattamenti locali per impedire l'ingrigimento dei capelli</span></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">tra 5-7 anni: nuovi trattamenti locali a base di cellule staminali adulte e prodotti derivati per la rigenerazione della pelle</span></span></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">tra 5-10 anni: nuovi "filler" e tecniche di mesoterapia basate su cellule staminali autologhe</span></span></span></p>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-3111177313026393492009-06-15T22:36:00.009+02:002009-06-18T00:33:22.226+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - MAL DI TESTA: ARRIVA LA SEX THERAPY<p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">Bruno Marcello Fusco: “</span></span><i><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">I</span></span></i><i><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">l rapporto sessuale ottimo antidoto contro le cefalee tensive perché aumenta i livelli di serotonina e dopamina</span></span></i><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">”.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">Scusa o meno, il mal di testa non può più essere la giustificazione di uomini e donne per fuggire dal sesso. Così il classico motto “Scusa caro ma ho il mal di testa” potrebbe tramutarsi in “Scusa caro, finalmente stasera ho mal di testa”. Il motivo? Secondo uno studio pubblicato dall’<i><a href="http://www.americanheadachesociety.org/" target="_blank" title="American Headhache Society">American Headhache Society</a></i> e diffuso sul sito americano </span></span><a title="Science Daily" href="http://www.sciencedaily.com/" target="_blank"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"><i>Science Daily</i></span></span></a><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">, pare proprio che chi soffre di emicrania abbia maggiore desiderio sessuale. Ma c'è di più: il sesso sarebbe addirittura un ottimo antidoto contro le cefalee. A rivelarlo è uno studio condotto da Bruno Marcello Fusco, responsabile del Centro di Medicina del Dolore dell‘Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (I.R.C.C.S.) <a href="http://www.neuromed.it/index.php" target="_blank" title="I.R.C.C.S. Neuromed"><i>Neuromed</i></a> di Venafro (IS). Secondo l’indagine, il 45% delle persone prese in esame sostiene di avere una vita sessuale regolare, mentre il 13% vede scomparire il male di testa durante il rapporto o subito dopo.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><o:p><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"></span></span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">Secondo Fusco “<i>i mal di testa che dipendono principalmente dallo stress, le cosiddette cefalee tensive, possono essere migliorate con un rapporto sessuale perché aumenta livelli di serotonina e dopamina, i neurotrasmettitori che influiscono sulle emozioni e sugli stati d’animo</i>”. E aggiunge: “<i>Il rapporto sessuale attiva il sistema autonomo neurovegetativo, che agisce sui visceri del corpo e sull’equilibrio interno, quindi è in grado di alleviare i fastidiosi mal di testa da stress</i>”. </span></span><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><o:p><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"></span></span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">Così niente più scuse per ambo i sessi, in particolar modo per gli uomini che, secondo gli ultimi studi, tendono a fuggire dal sesso più delle donne. Secondo un sondaggio pubblicato a febbraio 2009 dal quotidiano inglese <a href="http://www.thesun.co.uk/" target="_blank" title="The Sun"><i>The Sun</i></a>, il 15% degli uomini inglesi tra i 18 e i 59 anni ha ammesso una “mancanza di interessi verso l’altro sesso”. Non solo: secondo il quotidiano </span></span><a title="Thaindian News" href="http://www.thaindian.com/newsportal/" target="_blank"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"><i>Thaindian News</i></span></span></a><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"> la tendenza crescente del calo di desiderio sessuale maschile sarebbe legata al nuovo ruolo delle donne nella società, donne sempre più fiduciose e a proprio agio con i propri desideri e bisogni sessuali, mentre il rinomato <a href="http://jcem.endojournals.org/" target="_blank" title="Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism"><i>Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism</i></a>, rivela che gli uomini hanno livelli di testosterone più basso del 20% rispetto a 10 o 20 anni fa. Anzi il declino comincia con percentuali allarmanti già a partire dai 30 anni. Le conseguenze sarebbero disfunzioni sessuali, depressione, stanchezza, calo del desiderio sessuale, irritabilità, insonnia e aumento di peso. </span></span><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><o:p><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"></span></span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">E dato che, secondo l'<a href="http://www.who.int/" target="_blank" title="World Health Organization"><i>Organizzazione Mondiale della Sanità</i></a>, ben il 12% della popolazione mondiale adulta soffre di emicrania e in Italia ne soffrono sette milioni, di cui cinque sono donne, ecco che la “sex therapy” potrebbe produrre ottimi benefici a migliaia di persone.</span></span><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="TEXT-ALIGN: justify"><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">Fusco puntualizza però sulle tipologie di emicranie: “Attenzione però, i mal di testa invalidanti, quelli che necessitano di una terapia farmacologica, non devono essere sottovalutati, ma curati con terapie specifiche. Consiglio ai miei pazienti, sia uomini che donne, un buon rapporto sessuale ma anche una visita specifica”.</span></span></p>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-89154398496298778462009-06-07T12:29:00.012+02:002009-06-11T23:59:46.077+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - BIODIVERSITÀ E FARMACI<div style="text-align: justify;"><p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">L'exenatide ottenuto grazie allo studio del Gila Monster è solo l'ultimo esempio di come la flora e, in questo caso specifico, la fauna, possano essere fonte preziosissima per arginare patologie di ogni genere. Ma sono molti altri i principi attivi che nel corso degli anni hanno arricchito la comunità medica di armi terapeutiche più o meno conosciute e utilizzate. Eccone alcuni esempi:<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Chinina antimalarica</b>: viene estratta dalla corteccia di diverse specie della<span class="apple-converted-space"> </span><i>Cinchona</i>, un albero andino.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Reserpina</b>: utilizzata per la cura dell'ipertensione e delle malattie mentali, è fornita dalle specie asiatiche e africane della<span class="apple-converted-space"> </span><i>Rauwolfia</i>.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Castanospermina</b>: sperimentalmente offre buone speranze nella lotta contro l'AIDS, è estratta dal castagno australiano di Moreton Bay (<i>Castanospermum australe</i>)<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Tubocurarina</b>: impiegata per rilassare i muscoli dello scheletro nella maggior parte delle procedure chirurgiche, in origine era ottenuta da piante sudamericane: il<span class="apple-converted-space"> </span><i>chondrodendron tomentosum</i>,<span class="apple-converted-space"> </span><i>abuta<span class="apple-converted-space"> </span></i>e<span class="apple-converted-space"> </span><i>curarea</i><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Ziconotide</b>: è un farmaco analgesico, derivato dalla omega-conotossina della lumaca marina<i>Conus Magus</i>.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Ciclosporina A</b>: estratta da un fungo, il<span class="apple-converted-space"> </span><i>Tolypocladium inflatum</i>, è in grado di inibire la reazione di difesa del sistema immunitario. Una proprietà molto utile ad esempio per trattare le malattie autoimmuni (in cui la modificazione dei meccanismi di difesa induce il sistema immunitario ad attaccare l'organismo) o per i trapianti di organo, dove il sistema immunitario del ricevente cerca generalmente di rigettare l'organo trapiantato.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Acido acetil-salicilico (aspirina)</b>: in origine la salicina (ribattezzata acido salicilico) fu estratta dalla corteccia del salice bianco (<i>Salix alba</i>).<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Taxolo</b>: estratto dalla corteccia del Tasso, il taxolo è un composto ad oggi usato principalmente in chemioterapia per il trattamento dei tumori.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Fattore X</b>: è una proteina coagulante del sangue, trovata nel veleno di nove serpenti micidiali (tra cui il<span class="apple-converted-space"> </span><i>taipan</i><span class="apple-converted-space"> </span>e il<span class="apple-converted-space"> </span><i>serpente tigre</i>), può essere utilizzata per fermare le emorragie durante operazioni chirurgiche o in seguito a grave trauma.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Scalaradiale</b>: metabolita isolato nel 1974, dalla spugna<span class="apple-converted-space"> </span><i>Cacospongia mollior</i>, ha spiccate proprietà antinfiammatorie. Questo composto è commercializzato, in Francia, come antinfiammatorio per uso topico, con la sigla SDL.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span style="font-size:14.0pt; font-family:Arial;color:black">·<span class="apple-converted-space"> </span><b>Avarolo</b>: isolato dalla spugna<span class="apple-converted-space"> </span><i>Dysidea avara</i>, l'avarolo è un prodotto che presenta una serie di attività biologiche, tra cui una discreta attività antimicrobica, antivirale e antitumorale ed una buona attività antinfiammatoria. In Germania è stato depositato un brevetto per l'uso dell'avarolo contro la psoriasi ed attualmente è in fase clinica sperimentale.<o:p></o:p></span></p></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-63994317876676833932009-05-19T00:15:00.009+02:002009-07-02T11:23:05.975+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - DIETA MEDITERRANEA<div align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Un italiano su quattro assume la maggior parte del suo apporto calorico da alimenti non mediterranei. Bambini e adolescenti rappresentano in assoluto la fascia di età in cui l'adesione alla dieta mediterranea è minore, seguiti dalle donne che, seppure di misura, adottano uno stile alimentare più mediterraneo rispetto a quello maschile, mentre i più virtuosi sono gli “over-60”. Paradossalmente, le regioni del Sud appaiono quelle dove la dieta mediterranea è meno seguita; peggio di loro fa solo il Nord Ovest. Il Nord Est ed il Centro rappresentano invece, la macroarea geografica in cui l'aderenza alla dieta mediterranea è maggiore, seguita da Sud ed Isole.<br /><br />Questi i dati più significativi che emergono da una ricerca effettuata dall'<a title="Osservatorio Nutrizionale e sugli Stili di Vita “Grana Padano”" href="http://www.osservatorio.granapadano.it/">Osservatorio Nutrizionale e sugli Stili di Vita “Grana Padano” (OGP)</a>, elaborata grazie a un software applicativo che rende possibile ai medici di Medicina Generale ed ai pediatri di libera scelta d'effettuare la raccolta delle informazioni relative alle abitudini alimentari dei loro pazienti in modo semplice e rapido.<br /><br />I dati si riferiscono al periodo compreso tra maggio 2007 e dicembre 2008 (relativi a 2.193 pazienti in età pediatrica e 4.245 adulti su tutto il territorio nazionale) e sono stati analizzati utilizzando come indice di qualità della dieta il “MAI” (Mediterranean Adequacy Index).<br /><br />“Il MAI è stato calcolato dividendo l'energia totale media giornaliera fornita da alimenti tradizionalmente costituenti la dieta mediterranea per quella ottenuta da alimenti ‘non mediterranei’” spiega Maria Letizia Petroni, Responsabile Nutrizione Clinica, <a title="Istituto Auxologico Italiano" href="http://www.auxologico.it/index.php?option=com_content&view=article&id=103&Itemid=312&lang=it">Istituto Auxologico Italiano</a> di Piancavallo (VB).<br /><br />“Gli alimenti ‘mediterranei’ considerati – sottolinea Petroni - sono stati i seguenti: cereali (pasta, riso, pane), legumi, tuberi (patate), verdure ed ortaggi, frutta fresca, frutta secca, altri semi, olio di oliva, vino, pesce. Sono stati classificati come ‘non mediterranei’ invece i prodotti da forno diversi dal pane: merendine, dolci, brioches, biscotti, focacce e pizzette come snack (esclusa la pizza come piatto unico), ecc., oltre naturalmente a tutti i rimanenti alimenti non espressamente compresi nell'elenco ‘mediterraneo’, come ad esempio carne, burro, bevande dolci, e così via”.<br /><br />“Il risultato – conclude Petroni - è stato che meno del 20% della popolazione raggiunge un ‘MAI’ pari o superiore a 2, ossia assume energia da alimenti della dieta mediterranea in misura almeno doppia a quella di altri alimenti, ed addirittura un italiano su quattro ha un indice di mediterraneità della dieta inferiore ad 1, ossia assume la maggior parte del suo apporto calorico da alimenti non mediterranei”.<br /><br />Da tutto ciò emerge chiaramente che nel nostro Paese si registra un progressivo abbandono delle sane abitudini alimentari della nostra tradizione. Eppure, l'adozione di uno stile alimentare di tipo mediterraneo rappresenta uno dei maggiori presidi per la riduzione di patologie cardiovascolari, cronico-degenerative e neoplastiche.<br /><br />“Sono ormai numerosi gli studi scientifici che provano come l'assunzione dei principali alimenti costituenti la dieta mediterranea ritardi l'invecchiamento e si associ a una ridotta prevalenza di malattie cardiovascolari, ictus, malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson) e cancro” dice Sergio Coccheri, ordinario di Malattie Cardiovascolari dell'Università di Bologna.<br /><br />“Il lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Università di Firenze pubblicata sul British Medical Journal – aggiunge Coccheri - ha permesso di dimostrare che la dieta mediterranea si associa a una riduzione dell'incidenza e della mortalità delle patologie cardiovascolari, cronico-degenerative e neoplasiche. In chi aderisce maggiormente alla dieta mediterranea la mortalità è ridotta per eventi cardio e cerebrovascolari del 9%, per tumori del 6% e l'incidenza di Parkinson e Alzheimer è inferiore del 13%. Questi dati hanno enormi implicazioni dal punto di vista della sanità pubblica e devono stimolare un impegno massiccio a tutti i livelli per migliorare le abitudini alimentari della popolazione italiana, riscoprendo ciò che era già nella nostra tradizione”.</span> </div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-83983457931522313052009-05-18T23:57:00.003+02:002009-05-19T00:10:22.912+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - MOTO E SICUREZZA<div align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">La bella stagione invita a godere al massimo dei benefici del sole e dell'aria aperta: brevi vacanze o gite fuori porta sono un beneficio per il corpo e per la mente. Osservare panorami verdeggianti, vincere il traffico, pensare "nel casco": sono tra le sensazioni più belle che si possono provare ad ogni età e latitudine andando a spasso sulle mitiche "due ruote".<br />Per provare al massimo tutte queste emozioni è utile seguire semplici regole ma soprattutto utilizzare il buon senso.<br /><br /><strong>Il casco<br /></strong>Utilissimo sempre e comunque e poi, la visiera, evita moscerini e aria negli occhi. Da preferire, in città e negli spostamenti brevi, il modello a "elmo" rispetto all'integrale: favorisce il colloquio con il passeggero e non grava sul collo. L'integrale è migliore in pista e per lunghi viaggi in autostrada.<br /><br /><strong>La moto, deve essere quella giusta</strong><br />Ovvero a ciascuno il suo modello: inutile rincorrere modelli esasperati; ad ogni centauro si addice la sua "moto". L'industria delle due ruote viene in aiuto con una gamma così vasta tra cui poter scegliere a seconda delle prestazioni: lo scooter per la città; la moto carenata per chi ama la velocità anche se non può correre in pista ed emulare Valentino Rossi. Utile ricordarsi che in autostrada il limite di velocità è 130 km all'ora!<br /><br /><strong>Manutenzione: tutto sotto controllo ma, in particolare, freni e gomme<br /></strong>Importante che la moto sia sempre in ordine e controllata: soprattutto è bene tenere d'occhio la pressione delle gomme, il relativo battistrada – le gomme slick sono state studiare per la pista e non per la strada! Ottimo scegliere il pneumatico più adatto, per la città o per i lunghi viaggi. I freni sempre in ordine, un imperativo categorico che richiede costante e periodica manutenzione.<br /><br /><strong>La tuta</strong><br />Bene proteggere tutto il corpo con un abbigliamento adeguato che ripari soprattutto gli arti. La tuta "professionale" pesa circa 4,5 kg ed è sempre indicata per le perfomance dei piloti professionisti e per i lunghi viaggi. Attenzione però: quando la si indossa si perdono molti liquidi per cui se si fanno lunghi percorsi è necessario fermarsi di tanto in tanto a bere per non disidratarsi. Per i piloti "amateurs" scegliere i prodotti migliori e che abbiano le giunture rinforzate. Anche in città indossare sempre il paraschiena per tenere la schiena diritta e al riparo da colpi d'aria.<br /><br /><strong>La postura<br /></strong>Guidare guardando sempre la strada: non emulare i piloti che guidano su un anello ideale al massimo della velocità, pensando alla curva successiva e alla vittoria della gara! La strada è un'altra cosa: mille sono le insidie ad ogni metro e occorre tenere sempre a mente che ci sono anche gli altri! Assumere una posizione di guida corretta ed essere sempre concentrati. Allenare il polso per i freni e le caviglie per i cambi: attenzione alla posizione della schiena e della colonna vertebrale. Rinforzare i muscoli delle cosce per "sentire" la moto e "dominarla". Inutile e persino dannoso sporgere il ginocchio per darsi un tono da "manico"!<br /><br /><strong>L'asfalto<br /></strong>Quello delle strade non è liscio e pulito come quello della pista, anzi è pieno di insidie: sporcizia, detriti, sale per il ghiaccio in inverno, granelli di sabbia sulle strade in riva al mare, asfalto drenante alternato ad asfalto più antico e liscio...<br />Occorre molta attenzione al centauro cittadino che deve controllare la strada centimetro per centimetro, buca per buca al contrario del centauro che ha occhi soltanto per guardare lontano e controllare la curva successiva per affrontarla senza perdere velocità.<br /><br /><strong>L'alcol – non dimenticare mai</strong><br />Chi beve non guida e chi ama davvero l'ebbrezza della moto non beve.</span></div>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-26895641327771646612009-04-05T19:39:00.006+02:002009-04-05T21:55:27.395+02:00INTERMEZZI DI RICERCA - POCHI BREVETTI<span style="font-family:arial;font-size:130%;">Qual è la materia prima del nostro Paese? Il cervello. La capacità di inventare. La forza delle idee. Niente petrolio, né uranio o diamanti…<br />E che cosa si fa in momenti di crisi mondiale come quello che si sta vivendo? All'estero rispondono, da Obama a Sarkozy: investire in ricerca. Lo ha ricordato anche Napolitano: niente tagli per favore, ha ammonito.<br />Nella realtà, la situazione non è rosea. Se nel 2008 ricercatori e Nobel piangevano miseria, che cosa dovrebbero fare in previsione di un 2009 in assoluta controtendenza? Ogni anno un pò si aumentava, da quest’anno i soldi scendono. Già pochi, ora meno.<br /></span><span style="font-family:arial;font-size:130%;">E, attenzione, c’è crisi anche nelle aziende che normalmente investivano: multinazionali che si preparano a licenziare già nei loro Paesi. Pochi soldi e… produttivi. All’estero sì: i brevetti firmati da italiani tappezzano le direzioni di molte università americane.</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Non è così da noi. Eccellenti le pubblicazioni scientifiche, quasi zero i brevetti. Cioè la ricaduta pratica dell'investimento nei cervelli. Era l'analisi dell'Aspen di un paio d'anni fa. Poco o nulla è cambiato. Qualcosa peraltro sta peggiorando: dai 331 milioni e 628 mila euro della finanziaria Prodi per il 2008 (che sarebbero dovuti diventare 336 milioni e mezzo nel 2009), la tabella C della manovra Tremonti in discussione taglia 35 milioni e mezzo alla ricerca sanitaria (oltre 40 se si pensa a quanto già codificato da Prodi per il 2009). Non solo. Il fondo per la programmazione e valutazione nazionale scende dal miliardo e 814 milioni del 2008 al miliardo e 744 milioni e mezzo per il 2009. Circa 70 milioni in meno.</span><br /><span style="font-family:Arial;font-size:130%;"></span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">È vero però, come dice il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio, che non è questione di soldi ma di come vengono spesi. Certamente c'è da fare i conti con la crisi mondiale e con il debito pubblico italiano. Ma all'incontro di Lisbona l'accordo dei big europei era chiaro: più fondi alla ricerca. L'Italia aveva assicurato di arrivare al 3 per cento del Pil, dall'1.1 a cui era. Ora scende.</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Nicolas Sarkozy docet, almeno su questo fronte. Alla crisi mondiale dell'economia, il presidente francese risponde aumentando del 50% il budget destinato alla ricerca. Per correre ai ripari, dunque, si finanziano i cervelli. E Sarkozy non è l'unico a rispondere in questo modo alla difficile congiuntura che attanaglia il mondo dell'economia e della finanza.</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Anche la Svezia, prima in Europa per finanziamenti alla ricerca (4.27% del Pil), ha deciso di destinare altri 500 milioni di corone alla ricerca per il 2009.</span><br /><span style="font-family:Arial;font-size:130%;"></span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">A suggerire la 'cura Sarkozy' per aggirare la crisi è Ignazio Marino (Pd), presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale.</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">"Bisognerebbe - afferma a margine di un incontro sulla ricerca organizzato dalla Fondazione Lilly a Palazzo Grazioli - guardare con lungimiranza al futuro, per risollevare la nostra economia in stagnazione. Purtroppo però - ricorda il senatore Pd - l'Italia investe soltanto l'1.1% del Pil nella ricerca scientifica: si tratta di una percentuale insufficiente e ferma dal lontano 2000, che ci colloca nella fascia medio-bassa tra i Paesi industrializzati".</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">"Oltretutto - prosegue Marino - l'Unione europea ha fissato l'obiettivo di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico nei prossimi anni, per passare da una media dell'1.9% al 3% del Pil entro il 2010”. Questo era l’impegno di Lisbona…</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;"><br />"Non demonizziamo università ed enti. Se il sistema-ricerca non funziona in Italia, la colpa è anche del Paese, che ha voluto questa situazione per anni. Cominciamo a dire no al 'posto a vita', istituendo controlli regolari ogni cinque anni per capire se si produce. Altrimenti si va casa". </span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">La ricetta arriva da Angelo Vescovi, biologo cellulare dell'Università Milano-Bicocca e dell'Ospedale Niguarda, a margine dell'incontro organizzato all'Istituto superiore di sanità di Roma per fare il punto sulle sperimentazioni di cellule staminali contro la Sla (sclerosi laterale amiotrofica).</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Ricercatore con un passato da precario, '8 anni, di cui i primi 5 gratis', e da cervello in fuga, Vescovi è disincantato quando guarda il panorama italiano.</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">"Da anni in ricerca si investono pochissimi fondi, la dispersione è enorme. E i soldi spesso arrivano anche 10 anni dopo la fine dello studio cui, in teoria, erano destinati", dice. Non solo. "I precari sono tanti, anche perché i posti nelle strutture pubbliche sono praticamente a vita: una volta dentro non esci più. Sono disponibilissimo a essere valutato ogni cinque anni con criteri meritocratici e, nel caso di fallimento, anche a essere mandato a casa. Con il sistema di oggi, infatti, le strutture invecchiano".</span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">Insomma, il problema non è solo quello dei 'baroni', "che pure ci sono. È che il sistema è stato costruito male. Dobbiamo aiutare a ricostruirlo in modo razionale", aggiunge. </span><br /><span style="font-family:arial;font-size:130%;">"Servono fondi, sennò i cervelli se ne vanno - avverte quindi Vescovi, confessandosi ogni giorno un po' più pentito per essere rientrato - Ma siamo seri: con meno dell'1% del Pil alla ricerca non si può chiedere agli studiosi di far volare le astronavi".</span>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6154250723672672241.post-54215755037758837802009-03-29T22:57:00.007+02:002009-03-31T23:24:27.900+02:00PREVENZIONE - REGOLE PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE<span style="font-family:arial;font-size:130%;">Umanità malata di cibo. Dal troppo al troppo poco. Dalla mancanza della quantità minima di cibo per sopravvivere alle malattie da eccesso alimentare e diete sbagliate. L'ultima aggravante: l'aumento irragionevole dei prezzi al consumo. Più il cibo costa, più è difficile raggiungere l'obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero delle persone denutrite nel mondo, arrivato a oltre i 925 milioni nel 2007 (dati </span><a title="Food and Agriculture Organization of the United Nations" href="http://www.fao.org/" target="_blank"><span style="font-family:arial;font-size:130%;">FAO</span></a><span style="font-family:arial;font-size:130%;">, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).<br /><br />Un miliardo di malnutriti, per lo più abitanti nelle aree più povere del mondo. E oltre 300 milioni di adulti obesi e 750 milioni in sovrappeso, per lo più nelle zone ricche. Un terzo dell'umanità malato a causa del cibo. In più o in meno. E l'obesità è un problema sociale di rilevanza mondiale perchè significa aumento del rischio di malattie croniche come diabete e patologie cardiovascolari. Non solo: dopo il fumo si attesta come il secondo rischio per la salute. Una realtà inquietante che accomuna tutti i paesi occidentali: compresa l'Italia, patria della dieta Mediterranea, dove l'obesità miete 52 mila vittime all'anno e in sovrappeso risultano un maschio adulto su due, una donna su tre e un bambino su tre.<br /><br />Malattie da opulenza in tavola contro quelle da carenza assoluta di vitamine, proteine e grassi. Per fame o, e queste sono patologie da ricchi, anoressia. O per cattive abitudini alimentari. L'alimentazione di fine millennio, prevalentemente di tipo industriale, infatti ha carenza di enzimi e vitamine, la moda americana degli hamburger caldi con patatine sta impoverendo la dieta dei giovani, si continua ad abusare della carne senza sapere che essa veicola agenti cancerogeni, soprattutto se consumata alla griglia.<br /><br />In realtà una corretta alimentazione (quella da <cf8126>mens sana in corpore sano</cf>) dovrebbe essere la più varia possibile. Come affermava Ippocrate, padre della medicina moderna: «Mangiate tutto e un po’ di tutto». Ma come si fa là dove da mangiare non c’è proprio? «Il numero delle persone denutrite prima dell’impennata dei prezzi del 2007-2008 era di 850 milioni. Questo numero è aumentato di 75 milioni, raggiungendo la cifra di 925 milioni», avverte il direttore della Fao, Jacques Diouf. E «il peggio deve ancora venire», avverte la Fao: «Tenendo conto dell’aumento continuo e drastico dei prezzi dei cereali di base e dell’olio nel corso del 2008, il numero delle persone che soffrono di fame cronica probabilmente è aumentato ancora». Tra il 2005 e il 2007 si è compiuto «the bigger jump», il più grande salto in avanti del numero delle persone che soffrono la fame nel mondo: 75 milioni di persone in più, la maggioranza dei quali si trovano nei Paesi in via di sviluppo. Nella regione dell’Asia-Pacifico (più 41 milioni), nell’Africa sub-sahariana (più 24 milioni), in America Latina (più 6 milioni), in Medio Oriente e in Africa del Nord (più 4 milioni). In passato gli affamati erano aumentati di 6 milioni in un arco di 11 anni: 1992-2003.<br /><br />L’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, del carburante e dei fertilizzanti ha esacerbato il problema. Il costo degli alimentari è aumentato del 52 per cento tra il 2007 e il 2008, e quello dei fertilizzanti è quasi raddoppiato nel corso dell’ultimo anno. «Purtroppo — aggiunge Diouf — la fame è aumentata mentre il mondo è diventato più ricco ed ha prodotto più cibo di quanto ne abbia prodotto nell’ultima decade».<br /><br />«Questa è una economia malata — dice l’economista della Fao, Kostas Stamoulis —. La fame è una delle cause della povertá, non solo una sua conseguenza. Il costo economico della fame in termini sia di risorse necessarie per affrontarne gli effetti sia di valore in termini di perdita di produttivitá e di reddito, è stimato intorno a centinaia di miliardi l’anno». Ed è un circolo vizioso, continua Stamoulis, «con la povertá estrema che causa la fame che poi a sua volta genera povertá».<br /><br />E allora che si può fare? Gli scienziati riuniti a Venezia dalle Fondazioni Veronesi, Cini e Tronchetti Provera parlano di soluzioni che ci sono già e rifiutano gli scenari apocalittici. Tra le proposte principali: aumentare la produttività dei terreni, salvando i boschi; utilizzare meglio l’acqua disponibile sul pianeta (desanilizzazione, depurazione delle acque reflue, migliori sistemi di irrigazione e di utilizzo delle piogge); bloccare l’aumento del consumo di carne. Maggiore educazione alimentare nei Paesi «spreconi» più risorse in quelli poveri. Due gli obiettivi: ridurre le malattie da errori e da opulenza a tavola, dare più proteine vegetali ai poveri invece di darle agli allevamenti di animali da macello. Il filosofo Francis Bacon diceva: «Sulla Terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi». Vanno cambiate le carte in tavola nell’economia del pianeta. E basta fissare una soglia al consumo di carne per vedere già risultati concreti: si propongono 80-90 grammi al giorno pro capite. Questo vuol dire più che dimezzare il consumo di carne nei Paesi industrializzati. In Italia arrivare al 40 per cento dell’attuale. Oggi i Paesi sviluppati ne consumano in media 224 grammi al giorno pro capite e quelli in via di sviluppo 47. L’Africa non supera i 31 grammi pro capite.<br /><br />Inoltre, produrre meno carne vuol dire recuperare acqua (per produrre un chilo di carne ne servono 20-40 mila litri) e proteine vegetali a uso umano (un ettaro di terra produce circa 22 chili di proteine vegetali per allevare bovini, ne produrrebbe 403 chili per l’uomo).<br /><br />E non serve carne per essere forti e in salute. La «zuppa di Ippocrate», considerata dagli antichi il rimedio più efficace contro molte malattie (cancro compreso), è semplicemente a base di cipolle, prezzemolo, sedano, porro e cerfoglio. </span>Antonella Santorohttp://www.blogger.com/profile/09583289613019489626noreply@blogger.com0