PREVENZIONE - REGOLE PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE

Umanità malata di cibo. Dal troppo al troppo poco. Dalla mancanza della quantità minima di cibo per sopravvivere alle malattie da eccesso alimentare e diete sbagliate. L'ultima aggravante: l'aumento irragionevole dei prezzi al consumo. Più il cibo costa, più è difficile raggiungere l'obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero delle persone denutrite nel mondo, arrivato a oltre i 925 milioni nel 2007 (dati FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).

Un miliardo di malnutriti, per lo più abitanti nelle aree più povere del mondo. E oltre 300 milioni di adulti obesi e 750 milioni in sovrappeso, per lo più nelle zone ricche. Un terzo dell'umanità malato a causa del cibo. In più o in meno. E l'obesità è un problema sociale di rilevanza mondiale perchè significa aumento del rischio di malattie croniche come diabete e patologie cardiovascolari. Non solo: dopo il fumo si attesta come il secondo rischio per la salute. Una realtà inquietante che accomuna tutti i paesi occidentali: compresa l'Italia, patria della dieta Mediterranea, dove l'obesità miete 52 mila vittime all'anno e in sovrappeso risultano un maschio adulto su due, una donna su tre e un bambino su tre.

Malattie da opulenza in tavola contro quelle da carenza assoluta di vitamine, proteine e grassi. Per fame o, e queste sono patologie da ricchi, anoressia. O per cattive abitudini alimentari. L'alimentazione di fine millennio, prevalentemente di tipo industriale, infatti ha carenza di enzimi e vitamine, la moda americana degli hamburger caldi con patatine sta impoverendo la dieta dei giovani, si continua ad abusare della carne senza sapere che essa veicola agenti cancerogeni, soprattutto se consumata alla griglia.

In realtà una corretta alimentazione (quella da mens sana in corpore sano) dovrebbe essere la più varia possibile. Come affermava Ippocrate, padre della medicina moderna: «Mangiate tutto e un po’ di tutto». Ma come si fa là dove da mangiare non c’è proprio? «Il numero delle persone denutrite prima dell’impennata dei prezzi del 2007-2008 era di 850 milioni. Questo numero è aumentato di 75 milioni, raggiungendo la cifra di 925 milioni», avverte il direttore della Fao, Jacques Diouf. E «il peggio deve ancora venire», avverte la Fao: «Tenendo conto dell’aumento continuo e drastico dei prezzi dei cereali di base e dell’olio nel corso del 2008, il numero delle persone che soffrono di fame cronica probabilmente è aumentato ancora». Tra il 2005 e il 2007 si è compiuto «the bigger jump», il più grande salto in avanti del numero delle persone che soffrono la fame nel mondo: 75 milioni di persone in più, la maggioranza dei quali si trovano nei Paesi in via di sviluppo. Nella regione dell’Asia-Pacifico (più 41 milioni), nell’Africa sub-sahariana (più 24 milioni), in America Latina (più 6 milioni), in Medio Oriente e in Africa del Nord (più 4 milioni). In passato gli affamati erano aumentati di 6 milioni in un arco di 11 anni: 1992-2003.

L’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, del carburante e dei fertilizzanti ha esacerbato il problema. Il costo degli alimentari è aumentato del 52 per cento tra il 2007 e il 2008, e quello dei fertilizzanti è quasi raddoppiato nel corso dell’ultimo anno. «Purtroppo — aggiunge Diouf — la fame è aumentata mentre il mondo è diventato più ricco ed ha prodotto più cibo di quanto ne abbia prodotto nell’ultima decade».

«Questa è una economia malata — dice l’economista della Fao, Kostas Stamoulis —. La fame è una delle cause della povertá, non solo una sua conseguenza. Il costo economico della fame in termini sia di risorse necessarie per affrontarne gli effetti sia di valore in termini di perdita di produttivitá e di reddito, è stimato intorno a centinaia di miliardi l’anno». Ed è un circolo vizioso, continua Stamoulis, «con la povertá estrema che causa la fame che poi a sua volta genera povertá».

E allora che si può fare? Gli scienziati riuniti a Venezia dalle Fondazioni Veronesi, Cini e Tronchetti Provera parlano di soluzioni che ci sono già e rifiutano gli scenari apocalittici. Tra le proposte principali: aumentare la produttività dei terreni, salvando i boschi; utilizzare meglio l’acqua disponibile sul pianeta (desanilizzazione, depurazione delle acque reflue, migliori sistemi di irrigazione e di utilizzo delle piogge); bloccare l’aumento del consumo di carne. Maggiore educazione alimentare nei Paesi «spreconi» più risorse in quelli poveri. Due gli obiettivi: ridurre le malattie da errori e da opulenza a tavola, dare più proteine vegetali ai poveri invece di darle agli allevamenti di animali da macello. Il filosofo Francis Bacon diceva: «Sulla Terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi». Vanno cambiate le carte in tavola nell’economia del pianeta. E basta fissare una soglia al consumo di carne per vedere già risultati concreti: si propongono 80-90 grammi al giorno pro capite. Questo vuol dire più che dimezzare il consumo di carne nei Paesi industrializzati. In Italia arrivare al 40 per cento dell’attuale. Oggi i Paesi sviluppati ne consumano in media 224 grammi al giorno pro capite e quelli in via di sviluppo 47. L’Africa non supera i 31 grammi pro capite.

Inoltre, produrre meno carne vuol dire recuperare acqua (per produrre un chilo di carne ne servono 20-40 mila litri) e proteine vegetali a uso umano (un ettaro di terra produce circa 22 chili di proteine vegetali per allevare bovini, ne produrrebbe 403 chili per l’uomo).

E non serve carne per essere forti e in salute. La «zuppa di Ippocrate», considerata dagli antichi il rimedio più efficace contro molte malattie (cancro compreso), è semplicemente a base di cipolle, prezzemolo, sedano, porro e cerfoglio.

0 commenti:

Invecchia insieme a me. Il meglio deve ancora venire. - Robert Browning
AVVERTENZA - Questo blog ha esclusivamente scopo informativo e non è inteso come sostitutivo dell'atto medico. Pertanto le informazioni qui riportate non devono essere utilizzate per diagnosticare o curare un disturbo o una malattia. Il Lettore è invitato ad interpellare il proprio medico curante per domande relative al proprio stato di salute.