INTERMEZZI DI RICERCA - DIETA MEDITERRANEA

Un italiano su quattro assume la maggior parte del suo apporto calorico da alimenti non mediterranei. Bambini e adolescenti rappresentano in assoluto la fascia di età in cui l'adesione alla dieta mediterranea è minore, seguiti dalle donne che, seppure di misura, adottano uno stile alimentare più mediterraneo rispetto a quello maschile, mentre i più virtuosi sono gli “over-60”. Paradossalmente, le regioni del Sud appaiono quelle dove la dieta mediterranea è meno seguita; peggio di loro fa solo il Nord Ovest. Il Nord Est ed il Centro rappresentano invece, la macroarea geografica in cui l'aderenza alla dieta mediterranea è maggiore, seguita da Sud ed Isole.

Questi i dati più significativi che emergono da una ricerca effettuata dall'Osservatorio Nutrizionale e sugli Stili di Vita “Grana Padano” (OGP), elaborata grazie a un software applicativo che rende possibile ai medici di Medicina Generale ed ai pediatri di libera scelta d'effettuare la raccolta delle informazioni relative alle abitudini alimentari dei loro pazienti in modo semplice e rapido.

I dati si riferiscono al periodo compreso tra maggio 2007 e dicembre 2008 (relativi a 2.193 pazienti in età pediatrica e 4.245 adulti su tutto il territorio nazionale) e sono stati analizzati utilizzando come indice di qualità della dieta il “MAI” (Mediterranean Adequacy Index).

“Il MAI è stato calcolato dividendo l'energia totale media giornaliera fornita da alimenti tradizionalmente costituenti la dieta mediterranea per quella ottenuta da alimenti ‘non mediterranei’” spiega Maria Letizia Petroni, Responsabile Nutrizione Clinica, Istituto Auxologico Italiano di Piancavallo (VB).

“Gli alimenti ‘mediterranei’ considerati – sottolinea Petroni - sono stati i seguenti: cereali (pasta, riso, pane), legumi, tuberi (patate), verdure ed ortaggi, frutta fresca, frutta secca, altri semi, olio di oliva, vino, pesce. Sono stati classificati come ‘non mediterranei’ invece i prodotti da forno diversi dal pane: merendine, dolci, brioches, biscotti, focacce e pizzette come snack (esclusa la pizza come piatto unico), ecc., oltre naturalmente a tutti i rimanenti alimenti non espressamente compresi nell'elenco ‘mediterraneo’, come ad esempio carne, burro, bevande dolci, e così via”.

“Il risultato – conclude Petroni - è stato che meno del 20% della popolazione raggiunge un ‘MAI’ pari o superiore a 2, ossia assume energia da alimenti della dieta mediterranea in misura almeno doppia a quella di altri alimenti, ed addirittura un italiano su quattro ha un indice di mediterraneità della dieta inferiore ad 1, ossia assume la maggior parte del suo apporto calorico da alimenti non mediterranei”.

Da tutto ciò emerge chiaramente che nel nostro Paese si registra un progressivo abbandono delle sane abitudini alimentari della nostra tradizione. Eppure, l'adozione di uno stile alimentare di tipo mediterraneo rappresenta uno dei maggiori presidi per la riduzione di patologie cardiovascolari, cronico-degenerative e neoplastiche.

“Sono ormai numerosi gli studi scientifici che provano come l'assunzione dei principali alimenti costituenti la dieta mediterranea ritardi l'invecchiamento e si associ a una ridotta prevalenza di malattie cardiovascolari, ictus, malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson) e cancro” dice Sergio Coccheri, ordinario di Malattie Cardiovascolari dell'Università di Bologna.

“Il lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Università di Firenze pubblicata sul British Medical Journal – aggiunge Coccheri - ha permesso di dimostrare che la dieta mediterranea si associa a una riduzione dell'incidenza e della mortalità delle patologie cardiovascolari, cronico-degenerative e neoplasiche. In chi aderisce maggiormente alla dieta mediterranea la mortalità è ridotta per eventi cardio e cerebrovascolari del 9%, per tumori del 6% e l'incidenza di Parkinson e Alzheimer è inferiore del 13%. Questi dati hanno enormi implicazioni dal punto di vista della sanità pubblica e devono stimolare un impegno massiccio a tutti i livelli per migliorare le abitudini alimentari della popolazione italiana, riscoprendo ciò che era già nella nostra tradizione”.

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