MANGIAR SANO, MANGIAR BENE IN OSPEDALE


Pubblichiamo su richiesta del Sottosegretario di Stato al Lavoro, alla Salute e alle Politiche Sociali, Onorevole Francesca Martini, il testo integrale del suo intervento al Convegno "MANGIAR SANO, MANGIAR BENE IN OSPEDALE", tenutosi in data 22 maggio 2009 presso l'Auditorium dell'Ospedale dell'Angelo di Mestre (VE).

La nutrizione è il processo attraverso il quale le risorse organiche e inorganiche sono assicurate alle cellule del nostro corpo per le loro esigenze plastiche e funzionali, mediante l’assunzione di alimenti. Tra le mie deleghe al Ministero della Salute ci sono anche quelle della sicurezza alimentare e della nutrizione che  sono un segmento fondamentale  del Servizio Sanitario Nazionale. 

Il fatto di avere un background da Assessore regionale mi ha consentito di avere ben presente la mentalità di chi opera sul territorio, di chi percepisce da vicino le necessità del cittadino.

Considero l’aspetto nutrizionale parte di una visione strategica del percorso di salute più ampia all’interno dell’attività assistenziale e come componente della qualità stessa dell’attività clinica svolta. 

Sono determinatissima a dare un contributo nazionale in grado di premiare le regioni competenti che garantiscono un equilibrio di bilancio correlato alla qualità dei servizi, allo sviluppo delle attività e che non perdono mai di vista la centralità e la soddisfazione del cittadino. Non a caso il Veneto vede quest’anno un aumento del riparto del FSN di 30 milioni di euro. 

Il paziente e l’alimentazione 

Una alimentazione corretta rappresenta uno straordinario  fattore di salute.   

Allo stesso modo lo stato nutrizionale non solo contribuisce alla qualità della vita del paziente, ma può determinare malattia così come influenzarne  il decorso.

E’ ormai ampiamente dimostrato che nel soggetto ospedalizzato uno stato di malnutrizione caratterizzato talora da un peso inadeguato, sia in un quadro di sovrappeso e, peggio ancora di obesità, provoca un aumento dei tempi di degenza e di riabilitazione, riduce la qualità della vita del paziente con un incremento considerevole dei costi a carico del Servizio Sanitario, fino ad essere un determinante stesso del successo o meno del percorso di cura. Senza contare che lo stile di vita in materia di alimentazione può essere esso stesso  ambito di sviluppo dell’aumento dei fattori di rischio, con particolare riferimento ai due pilastri del quadro epidemiologico nazionale, ossia patologia oncologica e cardio-cerebrovascolare. Tanto che sto lavorando alacremente alla evidenziazione dei processi che portano all’instaurarsi della sindrome metabolica, come un fattore determinante della spesa sanitaria in un’ottica anche di medio lungo periodo alla luce della longevità e della complessità assistenziale e della cronicità che essa inevitabilmente comporta. La sindrome metabolica non è una patologia in sé ma addirittura può essere definita come un coacervo di patologie latenti o conclamate insorgenti prevalentemente in soggetti obesi o anche semplicemente in sovrappeso. Essa è determinata da un “guasto metabolico”, una insulinoresistenza cui sono attribuiti una serie di eventi patologici che sfociano appunto nelle malattie cardiovascolari e nei tumori a seguito di processi infiammatori che producono un “effetto-domino”.  Le patologie associate alla S:M: più frequenti sono il diabete insulino resistente di tipo 2, le malattie cardiovascolari e l’ipertensione arteriosa, con spiccata tendenza alle ostruzioni vasali delle arterie coronarie e delle carotidee cerebrali. Così come la steatosi del fegato, complicata da cirrosi ed alcuni tumori del colon, del pancreas e del fegato. Secondo l’OMS 17 milioni di persone nel mondo muoiono ogni anno per patologia cardiovascolare ed un numero equivalente va incontro a disabilità per la stessa causa. L’aspetto peculiare è che nonostante l’età dei decessi sia ascrivibile all’anziano, le radici dell’instaurarsi della S.M. sono lontane e si annidano negli stili di vita ed alimentari dell’età infantile ed adolescenziale.

La Malnutrizione Ospedaliera (M.O.), che si può considerare  “malattia nella malattia”,  è causa di gravi complicanze.

I servizi di dietetica e nutrizione clinica risultano insufficienti nel quadro del Sistema Sanitario Nazionale e soprattutto nella visione olistica della persona su cui sto impostando il rapporto con i pazienti. Una visione che pone al centro la presa in carico globale della persona e la continuità assistenziale come fondante del percorso diagnostico-terapeutico. 

I dati  a disposizione dimostrano che il 40-50% dei soggetti è a rischio di malnutrizione all’ingresso in ospedale, con particolare riferimento ai pazienti anziani le percentuali sono più elevate e, durante la degenza, si assiste addirittura un peggioramento dello stato nutrizionale in 1/3 dei soggetti. Praticamente il contrario di quello che noi ci attendiamo. Il ricovero, ma soprattutto il rapporto con il medico di famiglia e con i servizi del territorio devono invece essere l’occasione per fare educazione alimentare, per valutare lo stato nutrizionale del paziente, per comunicare le modalità di una corretta alimentazione e per inserire nel percorso diagnostico-terapeutico o nelle attività di prevenzione il fattore nutrizionale come fattore di salute. 

La ristorazione ospedaliera in Italia

A livello nazionale, risulta fondamentale e strategico intervenire nella ristorazione ospedaliera ed assistenziale, poichè la situazione italiana presenta una disomogeneità particolarmente marcata tra Regione e Regione e, spesso nell’ambito della stessa Regione, tra struttura e struttura.

Tale disomogeneità non si manifesta soltanto a livello dei  menù (qualità nutrizionale), ma anche nell’approccio alle varie problematiche come: modalità di distribuzione del pasto, scarsa consapevolezza del ruolo dell’alimentazione nella promozione della salute, livello di conoscenza degli operatori, figure professionali impiegate, consapevolezza dell’importanza nel percorso di cura del momento del pasto da un punto di vista psicologico.

Il Gruppo di Lavoro Multidisciplinare

Per cercare di ovviare a tali discrepanze ho proposto la costituzione del Gruppo di lavoro multidisciplinare, incaricato di definire linee di indirizzo al fine di rendere  omogenee le attività connesse con la ristorazione ospedaliera e assistenziale ed elevarne il livello di qualità.

Tali linee di indirizzo inoltre, sono intese a migliorare il rapporto dei pazienti ospedalizzati con il cibo, favorire l’utilizzo di prodotti che esprimano la tipicità delle produzioni agroalimentari del territorio e rivalutare il rispetto dei criteri di stagionalità e “genuinità”. Privilegiare i prodotti del territorio ha un notevole impatto in termini di  sostenibilità ambientale, con ripercussione fortemente positive sulle  economie locali.

Le esigenze legate alla ristorazione ospedaliera/assistenziale vanno considerate come peculiari e assume particolare importanza la ricerca scrupolosa.

E’ importantissima la stesura del capitolato per la ristorazione ospedaliera in cui debbono essere dettagliati i riferimenti al personale coinvolto, ai processi di effettuazione del servizio, le modalità di ordinazione e distribuzione del vitto.  L’elaborazione del “dietetico ospedaliero” corredato di disciplinare merceologico prevede i menù per il vitto comune e le diete standardizzate riferite e singole patologie.

La sorveglianza nutrizionale va considerata ad ampio raggio: l’attuazione del piano di autocontrollo deve estendersi dalle prime fasi del processo produttivo fino alla distribuzione del pasto al paziente. E’ indispensabile attuare al letto del malato una costante sorveglianza attraverso gli screening per la prevenzione diagnosi e cura della M.O.

Risulta fondamentale privilegiare le esigenze del paziente, rendendo più flessibili tempi  e spazi (definendo standard ambientali), dedicati alla somministrazione dei pasti nelle strutture ospedaliere.

Data la particolare situazione, risulta opportuno migliorare la qualità del cibo non solo sotto l’aspetto organolettico, ma anche nella varietà compositiva dei pasti, tenendo in considerazione le diverse necessità energetico-proteiche, legate alla situazione clinica di ogni singolo paziente.

In ogni caso, è appropriato considerare il grado di soddisfacimento del paziente come strumento di monitoraggio e modifica dell’ offerta alimentare.

E’ necessario incrementare la “conoscenza” nutrizionale, attraverso la sensibilizzazione degli operatori sull’importanza della malnutrizione, sulla sua prevenzione e diagnosi precoce, nonché sulla necessità di prevedere specifici protocolli operativi.

Intendo fissare standard di qualità a livello nazionale e fornire a chi opera uno strumento utile con spunti di riflessione e strumenti per intraprendere percorsi formativi o epidemiologici.

E’ necessario trasformare il momento della ristorazione in ospedale in un momento d’educazione alimentare e di cura vero e proprio. Per questo occorre sensibilizzare e formare il personale delle cucine e dei reparti di degenza e rendere essi stessi consapevoli della delicatezza della materia, anche per i suoi risvolti di sicurezza degli alimenti in particolar modo collegati alle modalità di cottura, conservazione e manipolazione degli alimenti.

La considerazione degli aspetti etici di riferimento, riducendo gli sprechi e l’inquinamento ambientale,  l’ottimizzazione delle richieste per migliorare l’offerta alimentare ponendo attenzione alle problematiche nutrizionali, rappresentano una necessaria base di partenza per raggiungere l’obiettivo di attuare una prevenzione efficace in grado di contribuire in maniera sostanziale a migliorare gli obiettivi di salute e i costi di gestione.

Particolare attenzione va riposta anche alla distribuzione di alimenti e bevande, al di fuori dei pasti serviti. Nell’ottica di promuovere un maggior consumo di alimenti con basso tenore di calorie, di grassi e di zuccheri, azioni dovrebbero riguardare anche i distributori automatici nelle strutture di ambito sanitario. Gli interventi dovrebbero essere mirati a escludere dalla disponibilità del distributore alimenti dal profilo nutrizionale non idoneo o che potrebbero squilibrare la dieta, in riferimento anche al personale sanitario e non solo ai pazienti.

Le modalità di attuazione dovrebbero prevedere un’indagine conoscitiva sullo stato attuale, la raccolta di esperienze positive a livello regionale/locale, la preparazione di un documento obiettivo e realisticamente fattibile.

Sarebbe inoltre utile predisporre del materiale sulla ristorazione ospedaliera/assistenziale, che informi sull’impostazione dei menù, sulle raccomandazioni sulla corretta alimentazione  da affiggere nelle strutture e/o consegnare al paziente e ai familiari al momento del ricovero e questionari per monitorare gli eventuali miglioramenti della struttura stessa. 

I vantaggi attesi, oltre alla omogeneità delle azioni, sono rappresentati dalla costruzione nel tempo di una cultura alimentare più idonea alla promozione e al mantenimento della salute e l’esportazione al di fuori delle strutture di degenza delle informazioni corrette.

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